La discussa operazione finanziaria e industriale che dovrebbe portare all’aggregazione tra FondiariaSai e Unipol ha riscosso (quasi) equanime sostegno e critiche da parte della platea di investitori, media, autorità, risparmiatori e consumatori. Chi ha ragione? Prima di analizzare vantaggi e svantaggi di FonSai-Unipol, è necessario segnalare che ogni operazione finanziaria va contestualizzata nel particolare momento storico in cui viene proposta. Quello attuale vede il sistema-Italia in difficoltà (anche se in ripresa), uno scarso interesse degli investitori esteri per il nostro Paese, una generale tendenza dei vari Paesi europei a chiudersi a riccio difendendo l’assetto proprietario dei grandi gruppi nazionali considerati strategici.
In questo contesto, chi difende il progetto di aggregazione tra Unipol e FonSai parte da un presupposto. L’operazione è un salvataggio aziendale effettuato prima di tutto nell’interesse degli 8 milioni di clienti di FonSai, a seguito di perentorie e preoccupate richieste dell’Autorità di Vigilanza (Isvap). Senza interventi urgenti di salvataggio esterno, la compagnia sarebbe stata commissariata. Con rischi seri per la clientela ma, soprattutto, per la credibilità del sistema-Italia che avrebbe visto sprofondare il terzo gruppo assicurativo italiano, in un momento delicato del Paese nel rapporto con gli investitori istituzionali. Ancora: tra i meriti dell’operazione, c’è l’aver strappato FonSai da una gestione proprietaria familistica (quella dei Ligresti) che in più occasioni ha dato prova di essere incurante degli interessi degli azionisti di minoranza. Ultimo elemento a favore dell’operazione, secondo i suoi sostenitori, è quello di costruire un grande colosso nazionale delle assicurazioni (di dimensione simile alle Generali) in un mercato che per il resto è frammentato o popolato da colossi esteri: Allianz e, in parte, Axa. Quest’ultima si sarebbe fatta avanti con una proposta «amichevole» nelle scorse settimane sia con Mediobanca che con UniCedit (creditori principali del gruppo Ligresti), ma sarebbe stata respinta, anche a tutela del ruolo in Italia delle Generali. E inoltre: il nuovo maxi-gruppo, pur nascendo senza un’Opa a favore delle minoranze, è destinato a premiare in prospettiva gli azionisti grazie alle sinergie di costo derivanti dall’aggregazione di FonSai, Milano e Unipol.
A questi elementi a favore, si contrappongono critiche e rilievi non di poco conto. Tanto che i più malevoli osservatori di Borsa hanno già ribattezzato la fusione a quattro, senza alcuna tutela per i soci di minoranza, come la SuperGemina delle polizze. SuperGemina era il nome con cui nel lontano 1995 fu ribattezzato il (fallito) progetto di fusione tra Gemina, Ferfin, Snia Bpd e Sorin organizzato, allora come oggi con Unipol-FonSai, da Mediobanca. Anche all’epoca, l’aggregazione non prevedeva un’Opa a tutela degli azionisti di minoranza. Le analogie non vanno oltre al numero dei soggetti coinvolti e ai “registi” di Piazzetta Cuccia ma, certo, anche in Unipol-FonSai il destino riservato ai soci di minoranza non pare dei migliori. A chi è oggi azionista di minoranza di FonSai si prospetta in sequenza: un cambio dell’azionista di controllo (da Premafin a Unipol); una successiva richiesta di mezzi freschi per ricapitalizzare il gruppo; una fusione con Unipol che li porterà a essere ancora azionisti di minoranza di un nuovo gruppo quotato (Unipol Assicurazioni), controllato a sua volta da una subholding quotata (Ugf) che farà capo per il 51% alla Finsoe controllata dalle cooperative.
Anche tralasciando parole di un vocabolario che si pensava desueto come “scatole cinesi” o “parco buoi”, è evidente che i soci di minoranza – a parte avere l’onore di pagare per partecipare alle sorti del nuovo campione nazionale delle polizze – non sono esattamente al centro dell’operazione ideata dai due gruppi. Ma proprio al mercato saranno chiesti almeno la metà dei mezzi delle due ricapitalizzazioni. Quanto alle future sinergie di costo, i critici dubitano che la super-compagnia delle cooperative “rosse” incida davvero sugli unici costi riducibili (quelli dei dipendenti). Per non parlare della triste fine degli azionisti di minoranza di Milano Assicurazioni. La loro compagnia chiuderà il 2011 in rosso ma non è in stato di crisi (a differenza della controllante FonSai, il margine di solvibilità è superiore a 100). Eppure vedranno anch’essi cambiare il socio di controllo senza beneficiare di un’offerta pubblica di acquisto.
Tra favorevoli e critici, chi avrà ragione? La valutazione principale spetta alla Consob, che dovrà decidere se approvare l’operazione concedendo o rifiutando l’esenzione dall’Opa a cascata. Per i soci di minoranza delle varie società coinvolte resta un’ultima speranza: la determinazione dei concambi di fusione, che dovrà tenere conto del valore intrinseco delle singole società. Operazione tutt’altro che semplice poichè Unipol, al momento delle decisioni, si troverà a essere l’azionista di controllo di tutte le società coinvolte.
Autore: Alessandro Graziani – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)