Per il presidente dell’Associazione nazionale esperti infortunistica stradale potrebbe essere un modo, da parte delle compagnie, di appioppare concorsi di colpa inesistenti.
«Ottenere dall’Uni (Ente nazionale italiano di unificazione) una norma sulla professione di patrocinatore stragiudiziale che permetta di stabilire quali siano le sue attività, le competenze e le conoscenze». Luigi Cipriano (nella foto), presidente dell’Aneis, l’Associazione nazionale esperti infortunistica stradale, spiega a Intermedia Channel qual è il principale obiettivo dell’associazione per il 2012. «Una volta ottenuta questa norma procederemo alla certificazione di tutti i nostri iscritti (circa un migliaio, ndr), anche se già dallo scorso anno organizziamo corsi che vanno in questa direzione. Coloro che supereranno l’esame saranno etichettati come patrocinatori certificati. In questo modo, l’utenza potrà riconoscere il professionista certificato, e quindi aggiornato, da chi invece non lo è», dice Cipriano.
Domanda. Ma chi è oggi il patrocinatore stragiudiziale?
Risposta. È quello che ancor oggi si chiama esperto o consulente di infortunistica stradale, generando un po’ di confusione. Il patrocinatore stragiudiziale è colui che opera a vantaggio del danneggiato nei confronti del responsabile di un danno e opera solo ed esclusivamente stragiudizialmente, cioè fuori dalle aule di tribunale. In sostanza fa le stesse cose che fa un avvocato ma opera, ripeto, solo cercando soluzioni transattive fuori dalle aule di giustizia. Il suo compito è assistere il danneggiato raccogliendo la sua documentazione medica, facendo valutare l’eventuale invalidità permanente residuata, quantificando al meglio il danno sulla base dei raccolti, inviando le richieste di risarcimento al responsabile e al suo assicuratore, infine intavola una serena trattativa con la parte avversa al fine di raggiungere un bonario componimento stragiudiziale della pratica con la definitiva liquidazione del danno.
D. Quando è nata l’Aneis e quale è la sua mission?
R. L’associazione è nata nel 1991 con l’obiettivo di attenere il riconoscimento ufficiale della professione, di promuovere la formazione e l’aggiornamento professionale degli iscritti, oltre che moralizzare il settore. Per questo motivo, come le dicevo prima, stiamo cercando di avere delle norme che regolarizzino un’attività che è stata da sempre mal vista sia dagli avvocati, sia dalle compagnie. I primi hanno sempre pensato che questa professione togliesse loro lavoro, le seconde perché convinte che il patrocinatore tendesse ad aumentare il valore del danno. In realtà non è così. Il patrocinatore si impegna per veder riconosciuto al proprio patrocinato un equo risarcimento del danno, possibilmente senza arrivare a una causa fra danneggiato e compagnia. Ciò comporta minori costi e minori spese sia per il danneggiato, sia per la compagnia e contribuisce a deflazionare il carico di lavoro dei tribunali. Quando si subisce un sinistro e si ha ragione si ha diritto al totale risarcimento del danno e a questo tende il patrocinatore stragiudiziale.
D. Quali sono le principali problematiche che si presentano nello svolgimento della professione di patrocinatore stragiudiziale?
R. Guardi, ritengo che l’impreparazione sia uno dei problemi più evidenti. Oggi chiunque può aprire uno studio di infortunistica stradale senza avere la benché minima capacità ed esperienza. Basta un carrozziere che indirizza dei danni, oppure un poliziotto che fornisce qualche indicazione e il gioco è fatto.
D. Anche la figura del patrocinatore stragiudiziale è coinvolta direttamente nel decreto legge sulle liberalizzazioni. Quale è la sua opinione in merito?
R. Sono senza dubbio favorevole alle liberalizzazioni, ma attenzione, perché si rischia di fare danni nel senso che quello che è vantaggioso per una categoria professionale può non esserlo per un’altra. Nell’ambito dell’infortunistica stradale o comunque dell’Rc auto, nel decreto di bozza delle liberalizzazioni era stato soppresso il secondo periodo dell’articolo 149 del Codice delle Assicurazioni, eliminando così di fatto le storture del risarcimento diretto per i danni subiti dal conducente non responsabile. Questo faceva si che anche il conducente, in caso di lesioni, non doveva più rivolgersi alla propria compagnia, ma al responsabile e all’assicuratore di quest’ultimo. Il risarcimento diretto restava valido solo per il danno alle cose. L’intenzione dell’ex presidente dell’Agcm Antonio Catricalà era chiara: invertire la tendenza fallimentare del risarcimento diretto che non aveva prodotto i risultati sperati e non aveva fatto abbassare il costo delle polizze, anzi le compagnie avevano continuamente aumentato i premi di assicurazione. Dall’entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni l’aumento è stato del 47%.
D. Poi cosa è successo?
R. Il decreto, con le modifiche apportate, introduce solo la possibilità per le compagnie di offrire, per il danno alle cose, il risarcimento in forma specifica e, se ciò non dovesse essere accettato dal danneggiato, il risarcimento per equivalente è ridotto del 30%. In altre parole, chi subisce un danno deve portare l’auto in una carrozzeria indicata dalla compagnia e se non lo fa, se vuole farsi riparare la macchina da un carrozziere di propria fiducia ottiene un risarcimento ridotto del 30%. Tutto ciò mi sembra che abbia poco a che vedere con il concetto di liberalizzazione. A me sembra una imposizione bella e buona, oltretutto forse incostituzionale. Attenzione alla scatola nera: potrebbe essere il modo per appioppare sempre e comunque concorsi di colpa inesistenti. Sono invece molto favorevole a tutte quelle operazioni volte al contrasto delle truffe, come per esempio il contrassegno elettronico e l’incrocio dei dati e dei nomi. Insomma, bisogna fare molta attenzione. Non vorrei che tutto questo finisse con l’avvantaggiare solo e sempre le compagnie, trascurando il cittadino, il cittadino danneggiato e i suoi sacrosanti diritti al totale risarcimento.
Fabio Sgroi – Direttore Intermedia Channel