Opinione della Settimana

FonSai: Le scelte (inevitabili) di Unicredit

Il rapporto con Mediobanca, l’assetto di vertice e quel rebus mai risolto con le Generali di Trieste

Forse alla fine ha ragione Fausto Marchionni, l’ex amministratore delegato di Fondiaria Sai, quando dice che, visto tutto quanto sta accadendo, probabilmente la compagnia che ha guidato per molti anni non era poi così male. Ma il dubbio resta e non è l’unico. Soprattutto se consideriamo che FonSai si avvia a chiudere anche il 2011 con un pesante rosso e ha dovuto chiamare al suo capezzale due delle principali istituzioni finanziarie italiane — Mediobanca e Unicredit — per una iniezione di liquidità stimabile attorno al miliardo di euro per Mediobanca e superiore ai 350 milioni per Piazza Cordusio. Se poi consideriamo l’esposizione dell’intero sistema bancario si raggiungono i due miliardi.

È vero che l’agonizzante compagnia del gruppo Ligresti sembra ora rifiorire grazie all’interesse di Palladio e di Sator, che assieme controllano l’8 per cento del capitale, ma sarebbe fuorviante dimenticare quanto è stato. Il combined ratio di Fondiaria-Sai — l’indice che sintetizza la capacità dell’assicuratore di fare il proprio mestiere, ovvero di valutare rischi e clientela è stato per lungo tempo ampiamente al di sopra della quota minima di 100 — mettendo a rischio la solidità della compagnia, ma soprattutto la tutela degli assicurati, circa 8 milioni di clienti che annualmente pagano premi a FonSai per 12 miliardi. Ed è questo pacchetto di clienti che invoglia oggi gli investitori, convinti di poter fare meglio, in futuro, di quanto il precedente management, di cui Marchionni faceva parte, abbia fatto. Per non dire dell’Isvap, acronimo di Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private. La parola chiave è «vigilanza»: sicuri sia stato fatto tutto il possibile per evitare i rischi a cui oggi tutto il sistema assicurativo italiano viene esposto dalla situazione di Fonsai? Difficile crederlo.

Nuovi attori
Il piccolo mondo della finanza italiana è stato sconvolto dalla discesa in campo del duo Palladio-Sator, in antagonismo a Mediobanca-Unicredit. Quella di Meneguzzo e Arpe è stata una legittima operazione di mercato, a cui si sono poi attaccate una serie di letture diagonali. Tutte ispirate da una domanda: perché? Soprattutto perché l’acquisto in Borsa non è stato accompagnato da un piano industriale che facesse capire la direzione ultima che si sarebbe voluto prendere. Una partita più finanziaria che industriale, anche se oggi si configura anche un ipotetico nuovo partner industriale, alternativo a Unipol, la Cattolica di assicurazione di cui la Popolare di Vicenza è primo azionista. Legittimo però chiedersi quale sia la forza industriale e finanziaria della compagnia veronese, che oggi non sembra accostabile a Unipol… Non sempre unendo due debolezze si ottiene una forza. Vale per Unipol, vale ancor di più per Cattolica.

Le mosse di Unicredit
Federico Ghizzoni (nella foto), amministratore delegato di Unicredit, che a FonSai ha dedicato risorse e manager con il fine di rientrare delle precedenti esposizioni, ha le idee molto chiare. In occasione della colazione organizzata dalla Camera di commercio britannica in Italia, giovedì scorso, lo ha detto chiaramente: «Al momento su FonSai c’è un solo piano, il nostro, con Unipol, che vogliamo sostenere. Ci aspettiamo che anche i Ligresti appoggino questa proposta, che ha un valore aggiunto industriale…».

Così Ghizzoni va avanti per l’unica strada per lui praticabile, secondo il piano studiato da Mediobanca che avrà in Unipol il partner industriale. La prospettiva illustrata da Palladio-Sator di entrare nella controllante Premafin è legata proprio al benestare di Unicredit. Difficile un voltafaccia. Ma proprio le condizioni di Unipol suggeriscono qualche domanda. La compagnia bolognese per acquisire le attività di FonSai dovrà fare ricorso a un pesante aumento di capitale che i soci, le cooperative di consumo che controllano la compagnia, eviterebbero serenamente di sostenere. Unipol ha appena recuperato un proprio equilibrio dopo i disastri finanziari e d’immagine legati alle operazioni del 2005 e rituffarsi nelle montagne russe della finanza è un’esperienza che più d’uno, anche a Bologna, eviterebbe volentieri.

Prospettive
Solo la contemporanea presenza al fianco di Unipol di Unicredit e Mediobanca dà una prospettiva all’operazione. Così, mentre il leader italiano delle polizze, le Assicurazioni Generali, sono escluse dal gioco per volere dell’Autorità Antitrust, si profilano investitori alternativi. Su tutti Axa, il cui presidente e amministratore delegato Henri de Castries ha fatto visita la scorsa settimana in Mediobanca. Per dire cosa? Che entra o che se ne sta fuori? O come si sussurra che Axa è disponibile ad acquisire solo alcuni asset di FonSai? De Castries ripete da anni che considera con attenzione il mercato italiano, ma non è mai andato oltre. Poteva farlo all’inizio di questa pesantissima storia finanziaria e non ha mosso un dito. Addirittura FonSai, quando ancora era interamente nelle mani di Salvatore Ligresti, è stata offerta al gruppo Caltagirone, che ha declinato l’invito. Axa invece è sempre stata guardinga nelle sue mosse. Cambierà atteggiamento ora? Di sicuro l’intreccio azionario che unisce Mediobanca e Generali ha subito in questi giorni pesanti frizioni. Un rebus irrisolto da anni che adesso stride, tra la volontà risanatrice di Piazzetta Cuccia e i rischi che Generali intravvede sul mercato domestico.

Autore: Stefano Righi – CorrierEconomia (Articolo originale)

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