Nella corsa contro il tempo, le banche al capezzale di Premafin sono riuscite a bruciare le tappe nella ricerca di un accordo per la ristrutturazione del debito della holding. In condizioni “normali” il processo negoziale avrebbe richiesto ben più di due sedute, ma in questo caso l’esito della riunione-fiume di ieri è stato quello di affidare a UniCredit gli ingredienti utili a consegnare entro il 15 marzo, alla vigilia del consiglio Premafin, un progetto di ristrutturazione che consenta di assicurarne la “continuità aziendale”. In settimana, infatti, l’istituto guidato da Federico Ghizzoni presenterà alle altre banche del pool (Bpm, Popolare, Cariparma, Intesa-Sanpaolo, Interbanca e Mediobanca) una lettera che riassume i contenuti dell’intesa raggiunta ieri e i “numeri”, rilevanti ai fini del ripianamento del debito Premafin, relativi al progetto di integrazione con Unipol. Progetto la cui riuscita, in ultima analisi, è la vera “garanzia” per i creditori di una holding il cui valore dipende dallo stato di salute dell’asset assicurativo FonSai. Al momento non dei migliori (agli aggiornamenti di fine gennaio, il margine di solvibilità risultava intorno al 75%, ben al di sotto del minimo regolamentare del 100%), tanto da suscitare una richiesta di informazioni alle autorità italiane da parte dell’Eiopa (l’«Isvap» europeo), preoccupata dal degrado patrimoniale della compagnia. Entro metà mese, in sostanza, le banche si sono impegnate a restituire alla capofila UniCredit l’attestazione che porteranno ai rispettivi organi compententi, con parere favorevole, l’ipotesi di accordo. Quanto basta per consentire al board Premafin di approvare il bilancio e convocare l’assemblea, con maggior tranquillità sulle scadenze del debito e l’avvio del processo di ricapitalizzazione.
L’accordo raggiunto ieri, in realtà, prevede due varianti: con o senza le fusioni con Unipol. In assenza di integrazione con il gruppo cooperativo, il debito sarebbe riscadenziato fino al 2020, ma per cautelarsi di fronte a questo scenario più sfavorevole le banche hanno messo le mani avanti, riaffermando che nel caso manterranno il pegno sulle azioni FonSai detenute da Premafin. Ricapitalizzata Premafin (con la prevista operazione di aumento di capitale) e ristrutturato il debito, si sarebbe potuto pensare che le banche avrebbero rinunciato al pegno sul 35,7% di FonSai nel portafoglio della holding. Invece è stato chiarito che questo non avverrà se non nell’ambito di un riassetto azionario di FonSai che, secondo il progetto in cantiere, dovrebbe portare Unipol gruppo finanziario alla maggioranza assoluta.
È un’ipotesi dell’irrealtà, ma se le banche si trovassero costrette a escutere il pegno, il pacchetto di riferimento della compagnia finirebbe nelle loro mani in proporzione ai crediti vantati. Ciò significa che, rispetto ai 322,5 milioni di finanziamento complessivo (senza considerare i 45 milioni di equity swap con Piazza Cordusio), a UniCredit farebbe capo il 12,2% dell’attuale capitale FonSai, a Mediobanca l’8%, alla Popolare il 6,7%, a Cariparma il 4,8%, a Interbanca il 4,2%, a Intesa il 2,8%, a Bpm l’1,4%. Insieme, le sole UniCredit (che ha già il 7% di FonSai) e Mediobanca, avrebbero più del 27 per cento.
Autore: Antonella Olivieri – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)