Crescono le iniziative delle giunte a sostegno della creazione di organismi legati al territorio. Il Friuli Venezia Giulia vara un Ddl, la Lombardia guarda al modello Veneto.
Regioni in pressing sulla previdenza complementare territoriale. L’incremento del cosiddetto “secondo pilastro”, alla luce della recente riforma delle pensioni, sta diventando una necessità ineludibile, ragion per cui anche gli enti si stanno organizzando prendendo ad esempio le poche strutture operanti. Dalla “storica” Laborfonds del Trentino Alto Adige a Fonligure (Liguria), Fopadiva (Valle d’Aosta) e Solidarietà Veneto. E la Lombardia si sta attrezzando.
In Friuli Venezia Giulia
A Nord-Est particolarmente attivo è il Friuli Venezia Giulia, la cui Giunta regionale giovedì scorso ha varato un disegno di legge istitutivo di un fondo territoriale che avrebbe un bacino potenziale di mezzo milione di persone. Si tratta di un’iniziativa su cui si lavora dal 2007, partendo da uno studio di fattibilità nato all’interno del Centro sul welfare dell’ateneo di Udine, sviluppato dal l’esperta di management assicurativo e previdenziale Michela Mugherli e finanziato dalla Banca popolare di Cividale. Grandi le aspettative sul territorio: al comitato promotore del fondo hanno già aderito 45 soggetti tra sindacati, associazioni imprenditoriali e categorie professionali. «Il fondo – spiega Mugherli – sarà aperto a lavoratori pubblici, privati e autonomi, purchè vivano o risiedano sul territorio regionale». Ottimisti i politici: l’assessore regionale alla Funzione pubblica, autonomie locali e coordinamento delle riforme, Andrea Garlatti, parla del fondo come di «una infrastruttura sociale di rilevante portata per la comunità». Per il governatore Renzo Tondo (nella foto) è «un contributo importante del Friuli Venezia Giulia all’intero sistema Paese, che sta affrontando il nodo delle pensioni».
Dopo l’approvazione in Aula del Ddl – che avrà una corsia preferenziale – l’iter amministrativo e burocratico per l’istituzione del fondo proseguirà prima con l’autorizzazione dell’Autorità di sorveglianza (Covip) e poi con l’individuazione con bando di gara della banca depositaria e dei gestori del patrimonio raccolto.
La stima è che nel primo anno di attività il fondo possa raccogliere almeno 33mila iscritti (di cui 9.600 dal settore pubblico e oltre 22mila dal privato), per poi crescere di circa il 10% annuo in ciascuno dei tre anni successivi. L’obiettivo prefissato dallo studio di fattibilità al termine dell’ottavo anno di vita del fondo è di superare le 52mila unità. Le risorse di gestione nello stesso arco di tempo potrebbero a loro volta passare da 61 a 770 milioni. Si tratta di un patrimonio importante, che nelle intenzione dei vertici regionali potrebbe essere in parte reinvestito sul territorio.
In Lombardia
Più indietro, ma decisa ad accelerare sulla strada del fondo territoriale, è la Regione Lombardia. Il progetto è particolarmente caro alla Lega Nord, partito di maggioranza assieme al Pdl, che lo sta spingendo, ma i tempi di realizzazione sembrano allungarsi.
Verso fine, 2010 la commissione Bilancio del Consiglio regionale, guidata dal leghista Fabrizio Cecchetti, ha ripreso in mano un dossier elaborato nella precedente legislatura senza poi darvi seguito. Obiettivo: giungere a una proposta concreta entro la scorsa estate. Ancora oggi, però, non si è messo a punto nulla di definitivo e i lavori sono in corso.
Va sottolineato che in una prima fase si è guardato con particolare attenzione all’esperienza del Trentino Alto Adige, mentre ora si sta valutando quanto fatto in Veneto. «Lo scorso gennaio – conferma Cecchetti – abbiamo incontrato alcuni esponenti della Provincia di Trento per approfondire ulteriormente la materia, molto complicata. Ora guardiamo al Veneto, che in quanto Regione a statuto ordinario ci è più simile».
L’obiettivo è di arrivare al progetto entro questa legislatura, cioè nel 2015 salvo colpi di scena. Secondo il consigliere regionale, il fondo offre vantaggi su due fronti: gli iscritti possono contare su una realtà solida, a prova di fallimento, mentre i fondi raccolti potrebbero essere reinvestiti in infrastrutture o in servizi ai cittadini. Le potenzialità sono notevoli, tenuto conto che la Lombardia sfiora i 10 milioni di residenti e ha oltre 4 milioni di occupati. A fronte di una quota di adesioni pari al 50%, pari a quella del Trentino-Alto Adige, si potrebbe contare su 2 milioni di iscritti e un patrimonio di circa 15 miliardi.
Il progetto di fondo è stato sposato anche dal Pd, all’opposizione in Regione. Ma con più di qualche dubbio sulla tempistica. «L’iniziativa è interessante – dice il consigliere Enrico Brambilla –, soprattutto per le figure professionali senza strumenti previdenziali specifici. Ma in questo momento mi sembra sia passato in secondo piano e non mi risulta ci siano stati aggiornamenti. Del resto, un’operazione così richiede investimenti e di questi tempi ci sono pochi margini».
Autori: Mauro Pizzin e Matteo Prioschi – Il Sole 24 Ore