Opinione della Settimana

Rc Auto: Il risarcimento del furto prova a tagliare i tempi

Nove righe aggiunte nel Codice delle assicurazioni due settimane fa al Senato, durante l’iter parlamentare del decreto liberalizzazioni (Dl 1/12). Se il testo sarà convertito in legge senza ulteriori modifiche, obbligheranno le assicurazioni a risarcire chi è stato derubato dell’auto anche quando non ha ancora presentato il certificato di chiusura delle indagini preliminari, più noto come chiusa inchiesta. Un documento per il quale di regola occorre attendere almeno cinque-sei mesi. Finora la novità è stata notata da pochi. Ma tra gli addetti ai lavori c’è qualche preoccupazione per come è formulata.

La tempistica

Concettualmente, sganciare il risarcimento del furto del veicolo dal certificato non è sbagliato: ci sono casi in cui si aspetta quasi un anno anche per farsi liquidare il furto di un semplice motorino. Accade perché occorre rispettare i tempi della procedura penale, cui non di rado si aggiungono i consueti ritardi degli uffici giudiziari. Per i reati commessi da ignoti, le forze dell’ordine non devono informare subito il pubblico ministero: devono riunirli in un elenco mensile, che va inviato alla procura. Dunque, già in partenza si può perdere anche un mese. Poi se ne lasciano trascorrere altri tre, nell’attesa che emergano eventuali fatti nuovi. Solo dopo si iscrive il furto nel cosiddetto modello 44 (registro delle notizie di reato relative a ignoti) e il gip può decretare l’archiviazione. Infine, il fascicolo torna in procura per andare in archivio.

In tutti questi passaggi, possono verificarsi ritardi. Influiscono sia la mole di lavoro che grava su ciascun magistrato sia il fatto che i procedimenti contro ignoti finiscono spesso in coda agli altri, se non altro perché non comportano rischi di scadenza di termini per la custodia cautelare e perché la prescrizione ha effetti meno gravi (non c’è un presunto colpevole che può farla franca). Non si può fare una mappa dei ritardi: i tempi possono differire in una stessa città, perché dipendono anche dal singolo magistrato.

Peraltro, possono anche esserci anticipi: non pochi derubati, di fronte alla richiesta dell’assicurazione di avere il certificato, si recano in tribunale per sollecitarla.

In questo modo, ci sono pratiche che rischiano di passare indietro. Questo non è un problema grosso, perché comunque da anni le assicurazioni hanno rinunciato a pretendere sistematicamente il certificato. Nel 2005, infatti, una circolare emanata dall’Ania su sollecitazione dell’Isvap le richiamò a chiederlo solo se sospettano una frode. Così, per esempio, il gruppo Allianz-Ras-Lloyd Adriatico esclude richieste generalizzate e il gruppo Generali, nelle proprie condizioni di polizza, prevede di poter chiedere il documento «in casi motivati» entro 60 giorni da quando il cliente denuncia il furto alla compagnia.

«Una flessibilità giusta – dice Marino D’Angelo, segretario generale dello Snfia, sindacato dei dirigenti assicurativi di medio livello –: l’esperienza del liquidatore è da preferire a criteri rigidi». Però in alcuni casi il certificato viene chiesto anche a persone insospettabili, magari per risarcire un motorino da poche migliaia di euro. «Può dipendere – risponde D’Angelo – dal fatto che il liquidatore è demotivato, per la politica della compagnia. Così adotta un approccio più burocratico».

La novità

Il Dl liberalizzazioni (articolo 34-ter, che inserisce nel Codice delle assicurazioni l’articolo 150-bis) sembra togliere alle compagnie ogni flessibilità: prevede che il certificato sia indispensabile per il risarcimento esclusivamente quando c’è già in corso un procedimento penale, per il solo reato di fraudolento danneggiamento di beni assicurati. Un’ipotesi rara. In tutti gli altri casi, occorre risarcire indipendentemente dal certificato. «Sarebbe stato meglio – dice Vittorio Verdone, direttore Auto dell’Aniaadottare una formulazione meno rigida, che lasciasse alle compagnie un margine per valutare se ci sono gli elementi di una possibile frode».

Autore: Maurizio Caprino – Il Sole 24 Ore

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