Unipol rilancia su Premafin: investirà altri 75 milioni nella holding. La novità è emersa ieri a margine dell’assemblea dei soci che ha dato il via libera a un prossimo aumento di capitale da 1,1 miliardi. Iniezione di liquidità che, come sottolineato dall’amministratore delegato della compagnia, Carlo Cimbri, vedrà la luce solo nel «momento in cui il gruppo avrà la certezza di poter salire al controllo di Premafin». Ossia, una volta ottenute tutte le autorizzazioni necessarie.
Riguardo al maggiore impegno nella finanziaria, Cimbri ha annunciato che Unipol ha proposto alle banche di alzare a 225 milioni l’ammontare del prestito convertendo dando la disponibilità a sottoscrivere i 75 milioni aggiuntivi. Ora la palla passa alle banche che, nelle attese del manager, dovrebbero far partire a breve la lettera di impegno sul progetto di ristrutturazione del debito della holding. L’esito finale sarà dunque che, tra aumento di capitale e partecipazione al prestito convertendo, Unipol inietterà in Premafin 475 milioni, 25 milioni in più di Sator e Palladio. «Ma questo non c’entra nulla, lo facciamo per avere più azioni Fondiaria Sai», ha spiegato Cimbri che, ieri, ha sfruttato il palco dell’assemblea per rimarcare una volta di più che l’unico progetto per il rilancio di FonSai è quello targato Unipol. «Noi mettiamo sul piatto quasi 1,8 miliardi e di questi 1,1 miliardi sono risorse nostre: 400 milioni per l’aumento di capitale Premafin, 75 milioni per il convertendo e 600 milioni per l’iniezione di liquidità in Unipol Assicurazioni. Senza contare che portiamo in dote 900 milioni di eccesso di capitale che vanno a compensare il deficit di Fondiaria».
Per garantire la stessa dotazione di capitale offerta da Unipol i «newcomers», come Cimbri ha definito Sator e Palladio, «dovrebbero investire 2,5 miliardi». Insomma, il manager non teme l’offensiva di Roberto Meneguzzo e Matteo Arpe, al punto da ribadire che gli avvocati sono al lavoro per appurare se le recenti «pressioni» su Premafin-FonSai non possano essere considerate un’«induzione all’inadempimento contrattuale». Per il manager, «Fonsai è un’operazione da operatori assicurativi non da apprendisti assicuratori». Cimbri è convinto delle carte che ha in mano: Finsoe manterrà il 51% di Ugf che a sua volta avrà oltre il 51% dell’agglomerato assicurativo. Ma se i soci dovessero bocciare l’integrazione? «Porteremo in assemblea un piano che raccolga il gradimento di tutti azionisti, in ogni caso se così non fosse manterremo il controllo di Premafin con oltre i due terzi del capitale e faremo sinergie a livello di Ugf».
Ai Ligresti, dunque, sarà riservato un ruolo di soci di minoranza senza alcuna voce in capitolo. Nei loro confronti e in quelli degli amministratori non verrà comunque promossa alcuna azione di responsabilità. A patto, ovviamente, che il progetto Unipol-FonSai, diventi realtà. Altrimenti la compagnia è pronta a tutelare i propri interessi. In quest’ottica, l’auspicio di Cimbri è che Premafin confermi per fine marzo il consiglio di amministrazione e che convochi per fine maggio l’assemblea per l’aumento di capitale. Perché ciò avvenga i periti dovranno giungere in tempi stretti a una valutazione sul valore della holding: «Ma non lo reputo complicato, si tratta di stabilire quanto vale il 35% di FonSai». Di qui l’attesa per gli impairment che Maurizio Dallocchio sta ultimando sulla compagnia. Nel frattempo, nei piani del manager il nuovo agglomerato avrà la testa a Bologna, una presenza importante nella bancassicurazione e una minore esposizione verso Mediobanca.
Questi tre aspetti, abbinati al piano industriale che le due compagnie metteranno a punto, permetteranno a Finsoe di mantenere inalterato il prezzo di carico delle azioni Unipol: 1,69 euro a titolo contro gli 0,28 euro in Borsa.
Autore: Laura Galvagni – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)