Opinione della Settimana

Liberalizzazioni e polizze auto. Quel pasticciaccio brutto della scatola nera

E meno male che sono tecnici. Perché il pasticcio combinato dal governo, certo in buona fede, nel mettere mano al settore assicurativo è ammirevole.

Hanno praticamente ammazzato quel meccanismo risolutivo di tutti i problemi della Rc auto che potrebbe essere la cosiddetta scatola nera; hanno aumentato la confusione in materia di plurimandato; idem sulle polizze legate ai mutui; e sui colpi di frusta hanno messo una pezza ma non hanno risolto il malcostume. Infine, hanno lasciato ingestiti i veri nodi: l’entità variabile del danno biologico e la prevenzione delle truffe. Ma andiamo con ordine nel ricostruire i retroscena di questo autogol.

Un mesetto fa pareva che il governo volesse introdurre l’uso obbligatorio, a bordo di ogni auto, delle cosiddette scatole nere che registrano tutti i dati dei movimenti delle vetture in modo tale che, in caso di incidenti contestati o controversi, sia possibile analizzare la velocità effettiva dell’auto al momento del sinistro, le dinamiche di forza subita o inferta, le accelerazioni e decelerazioni brusche: insomma, esaminan do con cura i dati della scatola nera, nel 99% dei casi si può sapere di chi è la colpa.

Ecco perché, senza bisogno di nessun decreto, in Italia quasi un milione di automobilisti l’hanno già adottata: comporta uno sconto sulla tariffa, difende dai truffatori e, in più, funge da antifurto e da allarme automatico in caso di incidente grave.

E allora? Allora il governo ha prescritto che chi adotta la scatola nera abbia uno sconto: e non c’era bisogno di prescriverlo, perché già accade. Ha poi aggiunto che il costo della scatola nera deve essere sostenuto dalle compagnie e non dal cliente.

Risultato? Vediamo. Oggi, l’operatore di gran lunga dominante nel settore, la Optotelematics controllata dal gruppo Charme di Luca di Montezemolo, offre gli apparati a un canone medio annuo di 60 euro, 72 circa compreso Iva. A fronte di questo canone, le compagnie (in primis il gruppo Unipol, ma anche Generali, Axa e molte altre) praticano uno sconto di circa il 15%: più che sufficiente a coprire il costo e lasciare un risparmio netto.

Per le compagnie dover pagare direttamente quel costo significa vendere la scatola con la polizza e quindi pagarci il 10% di provvigioni agli agenti; non recuperare l’Iva (le compagnie sono Iva esenti), e doverci pagare i contributi per il servizio sanitario nazionale e per la provincia. Insomma, quei 72 euro lievitano a 96. E riducono in proporzione lo sconto possibile, spesso insufficiente per convincere una parte degli automobilisti a mettersi a bordo un aggeggio che insospettisce, perché tiene la «scia elettronica » di tutti gli spostamenti.

«L’anno scorso i clienti con la scatola nera del gruppo Unipol, con cui lavoriamo da dieci anni e sono 600 mila, hanno risparmiato 84 milioni pagandosi direttamente il canone» si sfoga Fabio Sbianchi, capo storico di Optotelematics. «Se la norma resta com’è ne risparmierebbero 20 di meno, che se ne andrebbero tra provvigioni e tasse. Certo, il principio è bello: paga tutto la compagnia. Ma questo è un settore molto specifico, se si legifera senza avere interpellato chi ci capisce perché ci lavora, si rischia di fare autogol».

Infatti. Navigando in Internet si scopre poi – per paradosso – che esiste una app da iPhone che costa 0,79 euro ed è capace di trasformare il telefonino Apple in una specie di scatola nera per auto (dall’eloquente nome di Witness, testimone). Oggi una scatola nera costa 500 euro. Applicata su larga scala, resa obbligatoria, costerebbe meno della metà. Ma allora perché non introdurla obbligatoriamente?

Facendone una sorta di tutor individuale? Gli assicuratori non ne hanno fatto una battaglia, si sono limitati a rivendicare la libertà di non pagarla. Perché se i vertici delle compagnie e dell’Ania sono fieramente impegnati contro le truffe, vera piaga della Rc auto che la scatola nera sanerebbe, nel sistema territoriale che gestisce le polizze c’è, come dire, un po’ di … comprensione verso quella specie di «welfare» improprio rappresentato dalle microtruffe. E il governo, da parte sua, non ha osato imporre un aggeggio impopolare.

Ha invece vergato in lettere d’oro l’obbligo di documentare i colpi di frusta con un certificato medico: come se non fossero tali quelli che hanno finora sempre attestato il 25% dei falsi invalidi riscontrati dall’Inps al Sud o il 20% di falsi ammalati snidati (si fa per dire) nel pubblico impiego. Insomma, un obbligo che non moralizzerà un bel niente.

Infine, la liberalizzazione forzata delle polizze vita sui mutui immobiliari: la banca dovrà proporne almeno due al cliente, cioè una non propria. C’è da scommettere che sarà sempre più cara, o meno affidabile.

Autore: Sergio Luciano – Panorama (Articolo originale)

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