Le banche danno il via libera al piano di ristrutturazione del debito Premafin. Ieri in serata gli istituti hanno inviato a Leonardo & co la lettera di impegno a riscadenziare l’esposizione della holding pari a 368 milioni. Il progetto al quale è stato dato un primo avallo, ma sul quale al momento non sono stati presi impegni vincolanti dalle parti, prevede che il prestito convertendo, inizialmente ipotizzato nell’intorno dei 150 milioni, sia di 225 milioni dei quali 75 milioni a carico di Unipol. I restanti 140 milioni saranno riscadenziati al 2018 con un piano di ammortamento in tre tranche a partire dal 2016. Questo a patto che si realizzi la maxi fusione a quattro, altrimenti resta salvo il piano di allungamento del debito al 2020.
La missiva è stata siglata da tutti gli istituti coinvolti, ossia UniCredit (banca agente), Mediobanca, Banco Popolare, Intesa Sanpaolo, Bpm, Ge-Interbanca, Cariparma-Credit Agricole ed è arrivata sulla scrivania dell’advisor di Premafin alla vigilia della scadenza dell’offerta concorrente di Sator e Palladio. Una proposta che, con ogni probabilità, oggi verrà prorogata in attesa e con la speranza che, complice magari l’intervento di qualche Authority piuttosto che il verificarsi di qualche intoppo, decada il vincolo di esclusiva.
Allo stato Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo non hanno ancora deciso la nuova data di validità dell’offerta ma è presumibile che si vada se non oltre almeno a ridosso del consiglio di amministrazione della holding convocato per il 30 marzo. Un board cruciale nella complessa dinamica di strutturazione del progetto Premafin-Unipol. In quella sede la holding dovrà decidere la data di convocazione dell’assemblea per deliberare l’aumento di capitale da 400 milioni riservato alla compagnia bolognese.
Perché possa farlo, dovrà però avere a disposizione l’esito degli impairment test su Fondiaria Sai, dei quali si sta occupando Maurizio Dallocchio dopo un primo parere di PriceWaterHouseCoopers e che dovrebbero essere pronti per venerdì 23 marzo, la lettera di impegno delle banche, ricevuta ieri, la relazione di attestazione dell’articolo 67, in fase di ultimazione ma soprattutto l’accordo con Unipol sul prezzo dell’aumento di capitale riservato. E proprio quest’ultimo tassello, allo stato attuale, mancherebbe al mosaico. Le parti, dopo le indicazioni dei rispettivi periti, sarebbero infatti su posizioni distanti. Stabilire il valore di Premafin significa definire il numero di nuove azioni che verranno emesse e quindi formalizzare su carta la diluizione della famiglia Ligresti nel capitale della holding, passaggio fondamentale in vista di un possibile esercizio del diritto di recesso in sede di fusione.
Al board mancano otto giorni una finestra che potrebbe rivelarsi sufficiente se si stesse discutendo di centesimi di euro. La sensazione, però, è che attualmente la forchetta sia particolarmente ampia. Nonostante questo, in Unipol sembrano convinti che si tratti solo di posizioni negoziali. E non è probabilmente un caso che all’assemblea della compagnia l’amministratore delegato, Carlo Cimbri, abbia sottolineato che «stabilire il valore di Premafin è piuttosto facile, basta valutare Fondiaria Sai». Ma sarebbe proprio la valutazione di FonSai a non collimare: in Borsa vale 1,29 euro ma per Premafin merita una valorizzazione di gran lunga superiore. E l’ultima parola, in tema, spetta a Maurizio Dallocchio.
Autore: Laura Galvagni – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)