Se il nonno muore in un incidente stradale, al nipote viene riconosciuto il danno morale solo se è convivente.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 4253, ribadendo il diritto dei figli a essere indennizzati per la sofferenza subita, fa un distinguo per i nipoti e subordina il riconoscimento della lesione alla coabitazione. La stessa Corte ammette che la giurisprudenza di legittimità ha trattato poco il tema. E, quando lo ha fatto, ha fornito due principi contrapposti. I giudici della terza sezione si schierano con l’orientamento più datato (sentenza 6938 del 1993), che riconosce al nipote – o al nonno nel caso, inverso, di morte del nipote – l’esistenza della posizione giuridicamente qualificata, che apre la strada al risarcimento del pregiudizio non patrimoniale, solo ad alcune condizioni.
Il via libera al danno morale c’è quando esiste una “famiglia nucleare” come emerge dalla Costituzione, ed è riscontrabile il dato oggettivo di una vita condotta sotto lo stesso tetto. Quest’ultimo consente, infatti, di evitare un ingiustificato ampliamento dei soggetti danneggiati secondari e, al tempo stesso, permette di «dare rilievo all’esplicarsi dei diritti della personalità nelle formazioni sociali e, quindi, nella famiglia dei conviventi, come protezione sociale e dinamica della personalità dell’individuo».
A sostegno di questo indirizzo la Corte ricorda che il diritto civile non riconosce una rilevanza giuridica alla figura del nonno, il quale “entra in gioco” solo come supplente in caso di carenze da parte dei genitori. Per completezza, la Cassazione ricorda anche l’orientamento contrario (sentenza 15019 del 2005), in base al quale il diritto al danno morale, per i nipoti o nonni superstiti, deriva dalle lesione di valori costituzionalmente protetti e dei diritti umani. La perdita dell’unità familiare deve essere intesa come perdita di affetti e di solidarietà. L’indirizzo più inclusivo chiede solo l’esistenza di “normali rapporti” rimasti intatti nel tempo, malgrado l’assenza di una coabitazione. Nessun rilievo – secondo questo orientamento – può avere la convivenza, che può esserci o meno anche per circostanze non imputabili a scelte precise.
Autore: Patrizia Maciocchi – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)