Nel risarcimento diretto si fa causa alla propria compagnia, ma questa dovrebbe confessare la responsabilità del proprio assicurato…
Una interessante pronuncia del Giudice di Pace di Macerata mette a nudo un annoso problema: il risarcimento diretto mette contro assicurato e propria compagnia, in un innaturale scontro tra “fratelli”. Ci si assicura per essere garantiti dai danni che si cagionano, in modo che la compagnia ci difenda in caso di controversia. Nel risarcimento diretto invece si deve far causa a chi ci deve difendere, con la conseguenza che nell’accertamento della responsabilità la compagnia chiamata in causa dovrebbe provare le responsabilità del proprio assicurato, andando contro i propri interessi e quelli, appunto, del proprio assicurato. Il G.d.P. di Macerata autorizza allora la chiamata di un terzo soggetto che viene proprio dalla compagnia in conflitto di interessi.
LA TUA ASSICURAZIONE CHIAMA IN CAUSA L’ALTRA ASSICURAZIONE – Di solito accadeva il contrario. Il danneggiato faceva causa all’assicurazione del responsabile, come sempre si faceva fino al 2007 e come la Corte Costituzionale ha autorizzato a fare dal 2009; l’assicurazione del responsabile faceva entrare in causa l’assicurazione del danneggiato, perché doveva essere rispettata la Convenzione fra le Assicurazioni per il Risarcimento Diretto (CARD). Tale convenzione prevede infatti che le compagnie si adoperino perché venga applicata sempre questa procedura, quando previsto.
Adesso dobbiamo registrare un’inversione di tendenza: il legale dell’assicurazione chiamata in giudizio si trova a dover “confessare” la responsabilità del proprio assicurato e ciò è evidentemente un controsenso. Quindi saggiamente il legale chiede di poter chiamare in causa l’altra assicurazione, quella del proprietario dell’altro veicolo coinvolto, e il Giudice, altrettanto saggiamente, lo autorizza. Paghiamo l’assicurazione per metterci un avvocato contro? Certo che no. Eppure questo accade grazie a quel mostro giuridico della procedura di risarcimento diretto
RISARCIMENTO DIRETTO: CINQUE ANNI DI CONTRADDIZIONI. Il risarcimento diretto è nato per abbreviare tempi e costi del risarcimento del danno. Ma la norma, scopiazzata dall’ordinamento francese, è talmente estranea al sistema giuridico italiano, talmente impossibile da riassorbire, che da quando è entrata in vigore ha causato solo complicazioni processuali, aumento dei costi legali delle vertenze e quindi aumenti del costo dei premi assicurativi. Il caso del G.d.P. di Macerata è soltanto l’ennesima prova della incompatibilità della procedura di risarcimento diretto con un sistema efficiente e coerente come quello della Responsabilità Civile Auto italiana, che dagli anni ’70 ha sempre funzionato egregiamente (truffe a parte, ma queste sono un altro problema). Fino, appunto, alla sua distorsione ad opera di un legislatore poco attento.
La Corte Costituzionale, nel 2009, con la pronuncia 180, ha detto chiaramente che il risarcimento diretto non può essere obbligatorio, ma solo facoltativo. L’Antitrust, nella Sua relazione dell’ottobre 2011, ha consigliato la restrizione della procedura ai soli danni materiali. Persino nel decreto liberalizzazioni, prima che si inserissero controverse norme sui colpi di frusta, era presente in bozza (e addirittura presente nel comunicato stampa del governo a stesura definitiva del decreto) l’abolizione del risarcimento diretto per le lesioni. Poi eliminata in extremis per pressioni e interessi di bottega.
Come se si volesse tenere in vita a forza un sistema moribondo, perché ormai le assicurazioni hanno formato il personale, hanno “settato” i sistemi informatici e, soprattutto, hanno elaborato strategie speculative per ottenere i famosi forfait, cioè importi maggiori dei danni effettivamente pagati, in un meccanismo perverso che l’Antitrust ha evidenziato quali zavorre per i costi dei risarcimenti. Nemmeno un distinto signore come il Prof. Monti ha saputo mettere mani al settore come si doveva. Toccherà come al solito lasciare alla giurisprudenza il compito di picconare il palazzo cadente, fino a farlo crollare.
Autore: Antonio Benevento – SicurAuto (Articolo originale)