Chirurghi, generici, ginecologi sempre più soggetti a rivalse dei pazienti: 30 mila denunce l’anno. E nasce il «corso di sopravvivenza» anti contenziosi
I medici protestano contro la mancata copertura assicurativa del loro operato professionale: la legge che entrerà in vigore dal 13 agosto 2012 (Legge 13 agosto 2011) prevede l’assicurazione obbligatoria di ogni professionista italiano, ma interi settori sono senza rete di protezione. Chirurghi plastici, ginecologi e tutti i medici disdettati dalle compagnie (il 20% tra i chirurghi italiani) già ora non vengono più assicurati dalle compagnie. Quindi già ora diventano fuori legge.
Lo denuncia Amami, l’associazione nata in difesa dei medici «ingiustamente accusati di malpractice», ovvero di errori sul lavoro. Che minaccia: «Siamo pronti a chiamare i medici alla disobbedienza civile. Significa che ci potrebbe essere un “no dimission day”: un giorno in cui non dimetteremo nessun paziente. Oppure uno sciopero, un’astensione da tutti gli interventi non urgenti».
OBBLIGATORIETA’ DELLE POLIZZE – L’associazione Amami ha ispirato una interpellanza parlamentare (portata in aula dall’onorevole Di Virgilio, Pdl) che ha ottenuto l’impegno del governo «a valutare (ma solo a valutare) l’introduzione di nuove norme, prima fra tutte l’obbligatorietà per le compagnie di coprire i medici con adeguate polizze». Nell’attesa di nuove norme, i professionisti della Sanità si sono organizzati in una «attesa armata». E hanno deciso di tornare sui banchi di scuola: per un vero e proprio «corso di sopravvivenza» anti-contenzioso. Sabato 14 aprile, a Roma, Amami ha organizzato un seminario per imparare a destreggiarsi «fra medicina, tribunali, assicurazioni e attacchi mediatici».
MANCATA COPERTURA -«Gran parte delle compagnie di assicurazione hanno eliminato le polizze a favore dei medici – spiega Maurizio Maggiorotti, presidente dell’associazione Amami – Per contare quelle che ancora ci assicurano non servono nemmeno le dita di due mani. E i costi sono esorbitanti: i ginecologi pagano oltre 10 mila euro l’anno di polizza. Un chirurgo circa 7mila. I chirurghi plastici non trovano più nessuno che voglia assicurarli. Che facciamo? Tutti i chirurghi plastici li mettiamo fuorilegge?».
PSICOSI ACCUSE INFONDATE – «Molti di noi vivono nel terrore: una denuncia, anche infondata, determina la disdetta della compagnia assicurativa “per sinistrosità” – chiarisce il presidente di Amami – ma, mentre in auto il sinistro è quando l’auto ha sbattuto, in medicina basta la denuncia per far scattare la penale». Perciò chirurghi e ginecologi, ma anche medici estetici e ortopedici, tornano a scuola con l’obiettivo di imparare ad orientarsi meglio tra burocrazia, assicurazioni e leggi, e anche a tra le diverse psicologie dei pazienti, per «imparare a individuare i campanelli d’allarme che suonano prima di una denuncia infondata».
Mentre sui giornali si moltiplicano le denunce di casi di malasanità – non ultima quella di una donna che, recatasi al San Camillo di Roma per un’interruzione di gravidanza, il giorno seguente a casa ha scoperto di aver espulso un feto che non doveva più esserci – i professionisti del settore sottolineano la difficoltà di evitare di essere trascinati in giudizio. E denunciano l’ostracismo delle assicurazioni.
RISPARMI IN TOSCANA – «Le compagnie non vogliono più assicurare perchè operano male – attacca Maggiorotti -: Regione Toscana e Regione Emilia Romagna hanno deciso di non utilizzare più le assicurazione e di provvedere in proprio alla copertura del rischio nel settore sanità. Nel 2009 la Toscana pagò 42 milioni di polizze: l’anno successivo, liquidando il 50% dei contenziosi di tasca propria, spese solo 5 milioni». Accade così che importanti centri come l’ospedale Bambin Gesù di Roma non abbiano copertura assicurativa globale della struttura sanitaria: «Il nosocomio romano preferisce liquidare direttamente da sé tutti i contenziosi».
VALANGA DI RICORSI – D’altronde sono ormai una valanga i ricorsi contro medici e ospedali – più 300% dal ’94 ad oggi – e molti professionisti, per evitare il tribunale si sono ritrovati sabato al «corso di sopravvivenza». Secondo dati Ania, le denunce sono in continuo aumento e viaggiano ormai sulle 30 mila l’anno. Quasi la metà di queste denunce, poi, sono a carico non alle strutture sanitarie ma del singolo medico.
RIFIUTO DI OPERARE – «Conosco colleghi in gamba che sono perennemente in imbarazzo: la metà dei chirurghi vede il paziente come una potenziale fonte di guai giudiziari – rivela Maggiorotti –. Un collega ortopedico, disperato, mi ha chiesto se poteva rifiutarsi di operare: ma come si possono evitare certi interventi come quello su una frattura esposta?». Per questo il seminario «Sopravvivenza medico-giuridico-mediatico-assicurativo» vuole essere anche un’iniziativa a tutela dei pazienti, per evitare casi limite di risposta distorta al rischio di denuncia (la cosiddetta «medicina difensiva»), come quello di un medico che avrebbe rifiutato di operare una paziente perchè questa già aveva denunciato un suo collega.
RICOVERI NON NECESSARI – I medici sottolineano che molti casi di malpractice sono da accertare: spesso gli errori sono presunti ma non confermati. E c’è chi per tutelarsi sul fronte giuridico cerca riparo in prescrizioni sovrabbondanti o in ricoveri non sempre indispensabili. Un’indagine della commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari rileva che quasi il 70% dei medici propone un ricovero non necessario mentre 6 su 10 suggeriscono più esami del dovuto.
«Prevenire è meglio che curare», insomma, almeno secondo Amami, che punta a insegnare ai camici bianchi le strategie per evitare cause che una volta su tre vengono archiviate prima ancora di incominciare, e che finiscono con un giudizio di colpevolezza, soprattutto nel penale, in percentuali sotto le due cifre (sempre secondo un’indagine della commissione Orlando).
«EVITARE LA GOGNA MEDIATICA» – Al corso di sopravvivenza, una cinquantina di medici si sono confrontati con esperti di medicina legale, avvocati, magistrati. Ma anche giornalisti, perchè, spiega ancora Maggiorotti, per sottrarsi alla«gogna mediatica» serve «avere una strategia comunicativa e sapere ad esempio che se si risponde ‘no comment’ al cronista che cerca notizie» si otterrà solo il risultato «di far passare una sola versione dei fatti».
Fonte: Corriere della Sera Roma (Articolo originale)
Come commento riporto solo ciò che a me è successo: andato in pensione nel 2009, soprattutto perchè avvilito dalle note vicende legali, in cui ci imbattiamo giornalmente, e che, come chirurgo ospedaliero di allora mi trovavo continuamente ad affrontare, da quel momento ho iniziato ad esercitare attività come l-p presso una Clinica Privata Accreditata. Necessariamente ho dovuto accedere ad un contratto assicurativo a mie spese, con il massimale richiestomi dalla Clinica medesima a “primo rischio”.Purtroppo sono stato chiamato in causa per apertura di una indagine giudiziaria, insieme ad altri 16 colleghi, perchè partecipante come componente dell’equipe operatoria ( non come primo operatore). Ripeto siamo in fase di indagine preliminare. L’assicurazione su citata mi ha regolarmente disdettato il contratto. Ora trovo difficoltà ad accedere ad un’altra polizza ( addirittura una Compagnia mi ha risposto in senso negativo proprio per l’esistenza di una indagine preliminare in corso); per adesso non ci potrà essere rinnovo del contratto collaborativo di cui sopra. Mi chiedo se questo possa essere senza risvolti legali: se io avessi come unica entrata economica il derivato dalla attività come l-p, come camperei?.E ancora,e ciò riguarda più in generale le nuove generazioni: all’evento di cui sopra ha partecipato anche uno specializzando in formazione ( sempre come facente parte dell’equipe operatoria); ora mi chiedo: quando lo specializzando si troverà a cercare possibilità lavorative possibilmente presso una struittura privata o come libero-professionista, cosa potrà fare se le Assicurazioni rifiutano un contratto per l’esistenza dell’apertura di un sinistro?
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