Si avvicina il momento in cui tutta l’intricata operazione Unipol-Premafin-Fonsai, se andrà avanti, passerà al vaglio del mercato. La settimana prossima dovrebbe essere alzato il velo sulle valutazioni relative delle società coinvolte nel progetto di maxi-fusione – Premafin, Fonsai, Milano e Unipol assicurazioni (l’unica non quotata del quartetto) – in modo da porre un quadro chiaro sul tavolo dei prossimi aumenti di capitale. Impossibile però dall’esterno fare supposizioni sui concambi. I numeri, se si riuscirà a trovare il difficile punto di equilibrio, saranno il frutto di un mix, non preventivabile, di diverse metodologie: l’attualizzazione dei flussi di cassa delle società (il “discounted cash-flow), i multipli di Borsa e la valutazione patrimoniale.
In questo caso, complicazione nella complicazione, è il nodo della valutazione di Premafin. Premafin è una “scatola” che ha come asset il 35,6% del capitale ordinario di FonSai e 322,5 milioni di esposizione nei confronti delle banche (senza contare i 45 milioni di equity swap con UniCredit). Gli analisti le assegnano un Nav (net asset value) negativo, perchè il valore di Borsa della quota in FonSai (115 milioni rispetto al prezzo di riferimento di ieri di 88 centesimi), anche se fosse raddoppiato per considerare un consistente premio di maggioranza, non arriverebbe a compensare i debiti. La cosa cambierebbe se si facesse riferimento al valore delle azioni FonSai di 3,95 euro, così come risultato dall’impairment test appena svolto ai fini di bilancio. In questo caso si è utilizzata la metodologia del discounted cash-flow sulla base degli obiettivi del piano industriale della compagnia in ipotesi stand-alone e considerando come flusso in uscita l’aumento di capitale da 1,1 miliardi già deliberato dall’assemblea. Ma la vera difficoltà è stimare l’imponderabile: negozialmente Premafin “vale” in quanto passaggio obbligato di tutta l’operazione per arrivare a FonSai. Quanto vale questo diritto di passaggio, considerato che i quattrini per “salvare” la holding li metterà Unipol?
Dall’inizio dell’anno, da quando si è fatta avanti la compagnia delle coop, Premafin è raddoppiata di valore in Piazza Affari e oggi capitalizza circa 120 milioni. Ma quanto è affidabile l’indicazione della Borsa? Tra la partecipazione dei Ligresti, parcheggi alle Bahamas, azioni detenute dalle compagnie del gruppo e il pacchetto di Vincent Bollorè, il flottante non arriva al 20%. Gli investitori istituzionali sono assenti. E di tutti i titoli coinvolti nella partita, Premafin è stato quello che in listino ha avuto l’andamento più erratico.
Anche FonSai del resto si è mossa sulle montagne russe, tra le fiammate provocate dalle aspettative suscitate dall’intervento nel capitale di Sator e Palladio e le ritirate suggerite dal latitare di successivi colpi di scena. Per il titolo della compagnia il bilancio da inizio 2012 è comunque positivo del 42%. Il che è bizzarro se si pensa che gli azionisti sono chiamati per la seconda volta in meno di un anno a mettere mano al portafoglio per un sicuramente diluitivo aumento di capitale, pari a quasi il triplo dell’attuale capitalizzazione di Borsa. Meno volatile la Milano, che comunque tra alti e bassi è tornata sui livelli di inizio gennaio (+2,5% il progresso da fine 2011): non dovrà sottoporsi a una nuova ricapitalizzazione, ma non entrerà in posizione favorevole nel gioco dei concambi, dato che il controllo è già in mano a FonSai.
E infine c’è Unipol: qui l’indicazione della Borsa pare più univoca. Il titolo non si è mai infiammato e, a tre mesi e mezzo dal fischio d’avvio della partita, il saldo è negativo del 16,1%. Segno che la posta in palio non vale lo sforzo? Il responso è ambiguo. Gli analisti considerano positive le prospettive industriali dell’integrazione con FonSai, non foss’altro che per il fatto che nascerà il leader nazionale dell’Rc auto, un ramo che paradossalmente ha beneficiato della crisi in termini di netta diminuzione dei sinistri, quando le tariffe assicurative erano già state alzate. Ma prima di arrivare al medio periodo, c’è da passare dalle forche caudine di un’altra pesante ricapitalizzazione e comunque, a operazione fatta, Unipol subirà il contraccolpo dell’holding discount: mentre oggi le attività operative sono controllate al 100%, domani il gruppo quotato avrà solo la maggioranza (una percentuale ancora indefinita) di una compagnia comunque a sua volta quotata.
Autore: Antonella Olivieri – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)