Via Guido D’Arezzo, numero due. Città di Roma. È in questo palazzo, senza insegne all’esterno, che ha epicentro la girandola di immobili della famiglia Ligresti. Hanno sede in via Guido D’Arezzo la Im.Co e Sinergia, società della famiglia di Paternò per cui il Pm di Milano Luigi Orsi ieri ha chiesto il fallimento. Aveva sede in via Guido D’Arezzo la Terredi srl, società che nel 2003 ha venduto alla Im.co un terreno a Milano. Aveva sede in via Guido D’Arezzo la Concezioni Immobiliari srl, società che sempre nel 2003 vende altri terreni alla Im.Co. Hanno sede qui un po’ tutte le aziende della galassia Ligresti: Premafin, Icein, Avvenimenti e Sviluppo Alberghiero.
Basta ispezionare i rogiti ormai ingialliti, al piano meno uno della Conservatoria di Milano, per rendersene conto: la girandola di immobili e di terreni tra le innumerevoli società vicine alla famiglia Ligresti partiva spesso da Via Guido D’Arezzo 2. E aveva, spesso, gli stessi protagonisti: lo stesso notaio, gli stessi soggetti a vendere e comprare, spesso negli stessi giorni. Una vera e propria catena di montaggio: rogiti su rogiti, quasi sempre infragruppo o tra parti comunque correlate. Catena che, ipotizza oggi la Procura di Milano, potrebbe avere avuto un esito ben preciso: far pagare il conto, alla fine, ai gruppi FonSai o Premafin quotati in Borsa. Il Sole 24 Ore è andato in Conservatoria in via Manin a Milano e, rogiti alla mano, è in grado di documentare questa grande girandola. Nomi, protagonisti, prezzi.
Il Pm chiede il fallimento
Partiamo dalle notizie di ieri. Il Pm Luigi Orsi ha depositato istanza di fallimento nei confronti della Im.co e di Sinergia, società legate alla famiglia Ligresti e parti correlate del gruppo FonSai. Il suo obiettivo è, a questo punto, di procedere con l’ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta. Di verificare, insomma, se con le innumerevoli operazioni immobiliari la famiglia Ligresti sia riuscita a far pagare a FonSai e Premafin (società quotate in Borsa) più del dovuto. Se questo sia effettivamente accaduto sarà la giustizia a dimostrarlo. La girandola di immobili, però, già a prima vista qualche interrogativo lo pone. La storia dell’area immobiliare Garibaldi, in via Melchiorre Gioia a Milano, è esemplare per capire da chi provenissero i terreni (e chi potrebbe averci guadagnato).
L’area Garibaldi a Milano
La vicenda inizia nel luglio del 1988, quando alcune società si fondono dentro la Terredi srl. Una di queste, la Ardora spa di Milano, porta con sé proprio il terreno della zona Garibaldi. Il terreno appartiene ora alla Terredi, società controllata dal gruppo Ligresti attraverso Raggruppamento Finanziario spa, a sua volta controllata da Sinergia. Terredi ha sede nello stesso palazzo (in via Guido D’Arezzo 2) di tante società della famiglia ed è amministrata da Francesco Milone, nato nello stesso paese di Ligresti (Paternò). Parti più che correlate, insomma.
Il 23 dicembre 2003, la Terredi vende il terreno dell’area Garibaldi alla Im.co, società anch’essa controllata da Salvatore Ligresti attraverso la solita Sinergia. E che ha sede sempre a Roma, in via Guido d’Arezzo 2. Di fronte al notaio Mario Grossi di Corbetta si presenta, come amministratore unico di Terredi, proprio Francesco Milone. L’atto viene firmato: Im.Co acquista il terreno edificabile in via Gioia per 2 milioni di euro.
Però la Im.co non paga in quel momento. Motivo: la Terredi srl (cioè il venditore) nel rogito «dichiara di avere già prima d’ora ricevuto dalla parte acquirente» (cioè Im.Co.) la somma. Morale: il terreno passa di mano, ma il denaro – almeno quel giorno – no. Ovvio, si dirà, venditore e acquirente fanno parte dello stesso gruppo. Quando, come (e se) questi soldi siano mai transitati non è però possibile saperlo: Il Sole 24 Ore ha contattato telefonicamente Francesco Milone, il quale ha preferito non rispondere. Ormai è comunque acqua passata: pochi mesi dopo la Terredi stessa è confluita nella Im.co.
Ma il terreno nell’area Garibaldi ha continuato a viaggiare. Sempre, potremmo dire, tra mani “amiche”. Due anni dopo, nel 2005, la Im.Co decide di vendere l’area alla società Meridiano Secondo, controllata da FonSai: cioè dal gruppo assicurativo i cui azionisti di riferimento sono, ancora, i Ligresti. Scenari Immobiliari aveva valutato quel terreno 6,9 milioni. Ma, nel rogito, il prezzo è un po’ più alto: Im.Co che aveva acquistato (senza pagare di fronte al notaio) per 2 milioni, vende due anni dopo a 7,186 milioni di euro. Su questo terreno deve sorgere un Hotel a cinque stelle.
Nel 2009 FonSai incarica la Icein (società sempre legata ai Ligresti con sede nella solita via D’Arezzo) di «far eseguire le opere di cantieramento relative all’edificazione dell’Hotel». Ma i lavori slittano. E il costo dell’opera sale. Arriviamo così ai giorni nostri: Meridiano Secondo si trova un patrimonio immobiliare nell’area Garibaldi che vale 37 milioni, quando precedenti perizie l’avevano valutato 51 milioni. Morale: dopo tutti questi passaggi, il cerino sembrerebbe spegnersi proprio in mano a Meridiano Secondo, cioè al gruppo FonSai. «Il Sole 24 Ore» ha contattato anche FonSai per un riscontro, ma non sono arrivate risposte. L’unica certezza la scrive il collegio sindacale: «Di tale differenza di valore verrà tenuto conto nel progetto di bilancio 2011».
Le altre girandole
Questa è solo una delle innumerevoli operazioni transitate per la Im.Co e per via Guido D’Arezzo. Il 23 dicembre 2003, stesso giorno in cui Terredi srl vendeva l’area Garibaldi a Im.co, di fronte allo stesso notaio passa un’altra grande area edificabile: la società Concezioni Immobiliari (controllata al 100% da Im.co) vende alla stessa Im.co un terreno da 60mila metri quadri a Bruzzano. Il prezzo pattuito è di 3 milioni di euro. Ma, ancora una volta, nessun passaggio di denaro avviene davanti al notaio. Altra operazione infragruppo. Stesso discorso per la Ripa srl, che sempre il 23 dicembre 2003, sempre davanti allo stesso notaio, vende a Im.Co un immobile in località Quintosole. Prezzo: 2 milioni e 250mila euro.
È invece del 2005 la vendita da parte della Milano Assicurazioni di un’area di quasi 9mila metri quadrati nel quartiere Isola del capoluogo lombardo. Ad acquistare è la solita Im.Co per 28,8 milioni di euro, come è scritto nel rogito del 22 dicembre 2005. Lo stesso giorno viene firmato un contratto di compravendita di cosa futura: Milano Assicurazioni si impegna ad acquistare l’immobile che Im.Co costruirà (una torre di 12 piani) per 93,7 milioni che alla fine diventeranno 100 (non tutti pagati). Parti correlate, prezzi che salgono, lavori da cantierare.
L’inchiesta della Procura
Anche alla luce delle girandole immobiliari, la richiesta di fallimento per Sinergia e Im.Co era nell’aria da tempo. Perché anche loro, a quanto pare, sono rimaste col cerino in mano. «Società tecnicamente fallite», avevano affermato già alcune settimane fa fonti del palazzo di giustizia. Ad accelerare i tempi della mossa del Pm Luigi Orsi sarebbe stato il mancato accordo tra i creditori delle due società, divisi tra chi avrebbe voluto utilizzare l’articolo 67 della legge fallimentare, con una gestione più “privatistica” della crisi, e chi invece si sentiva più garantito dal ricorso all’articolo 182 bis, che prevede il controllo del tribunale fallimentare nella procedura di risanamento. Da una parte le principali banche creditrici come UniCredit, Banco Popolare e Bpm, dall’altra Ge Capital. L’impasse è stato decisivo. Nell’istanza di fallimento della Procura si parla di un “buco” di oltre 100 milioni di euro derivato da debiti per circa 400 milioni a fronte di attivi per 290. Sinergia da sola ha bisogno «di 50 milioni di liquidità per proseguire le attività fino al 2014», si legge nell’istanza di fallimento.
Cosa succederà ora? Come per il caso del San Raffaele, i destini delle società dei Ligresti procederanno su un doppio binario. Il primo si trova al secondo piano del palazzo di giustizia, dove il tribunale fallimentare deciderà, probabilmente già oggi, la data dell’udienza per la discussione dell’istanza, che dovrebbe tenersi entro un mese. Solo allora i giudici decideranno se accogliere la richiesta della Procura, e quindi dichiarare il fallimento di Sinergia e Im.Co, oppure se avviare una procedura di concordato o, in alternativa, ricorrere all’articolo 182 bis. Il secondo binario è due piani più su, nelle stanze della Procura, dove il Pm Orsi già da ieri procede per bancarotta in un’inchiesta che (per ora) ha un solo indagato di cui si conosce il nome: Salvatore Ligresti. Comunque vada, restano le domande: FonSai ha veramente pagato troppo? Se sì, dove possono essere finiti i soldi? Perché Unipol ha già dichiarato che, se conquistasse FonSai, non farebbe azione di responsabilità?
Autori: Morya Longo e Angelo Mincuzzi – Il Sole 24 Ore (Articolo originale – #2)