In Borsa c’è un po’ di confusione. Non è una novità in una vicenda tanto intricata quale è quella di Unipol-Premafin-FonSai-Milano. Sul balzo dei titoli coinvolti (con l’esclusione della holding dei Ligresti) si può dire tutto e il contrario di tutto: che Piazza Affari festeggi perchè il piano di salvataggio incentrato sulla compagnia delle coop sta andando avanti, o che festeggi perchè l’intervento della magistratura rischia di far saltare tutto. Ma la realtà è che al mercato mancano ancora gli elementi per una valutazione quantitativa delle società in gioco: non basta sapere che le azioni ordinarie FonSai sarebbero state valutate quattro volte il loro prezzo di Borsa se non si sa in che termini si relazionano con gli altri titoli nell’ambito di una complessa fusione a quattro.
Tuttavia, ci sono alcuni punti fermi su cui ragionare. Il nodo Premafin è stato virtualmente sciolto lunedì e questo è un passo avanti per Unipol. Ora si tratta di valutare cosa sia meglio per gli interessi di FonSai e Milano, considerato che le situazioni di partenza sono molto differenti: la prima ha i margini di solvibilità (sotto i minimi) da ricostituire rapidamente con un massiccio aumento di capitale, la seconda è in condizioni migliori e non necessita infatti di un’immediata iniezione di mezzi freschi. Tra domani e dopodomani le due compagnie dovranno valutare non solo un’ipotesi di concambio che sia fair ma anche se il progetto sottostante sia migliore rispetto alle alternative. Sui concambi le indicazioni trapelate dicono che finora le posizioni delle diverse controparti sono state molto distanti. Unipol è stata la prima a mettere sul tavolo la sua proposta di mediazione, indicando nel 66,7% la quota di controllo che vorrebbe avere nel nuovo polo. Ma fonti vicine alle trattative sostengono che c’è ancora margine per miglioramenti economici, pur senza stravolgere l’assetto complessivo.
Con Unipol, a FonSai sarebbe garantita (dalle banche del consorzio che si sono già impegnate) una ricapitalizzazione da 1,1 miliardi e altri 600 milioni di mezzi freschi derivanti dall’unione con Unipol assicurazioni, comunque più dei debiti residui – 170 milioni, al netto del convertendo da 225 milioni che sottoscriverebbero le banche esposte – che Premafin porterebbe in eredità con la fusione. Inoltre sono da considerare 210 milioni di sinergie nette che il gruppo cooperativo conta di sviluppare con l’integrazione delle compagnie. Data la stima per buona e applicando il p/e medio del settore di 8, questo si tradurrebbe in 1,7 miliardi di potenziale capitalizzazione aggiuntiva a regime, di cui un terzo di pertinenza delle minoranze.
Quale l’alternativa? A questo punto solo l’ipotesi stand-alone che però sarebbe soggetta al rischio di commissariamento. Non c’è più tempo per trovare un altro partner assicurativo e senza di questo il consorzio non sarebbe disponibile a fornire garanzia per l’aumento di capitale, senza il quale il destino di FonSai sarebbe segnato. C’è però ancora in stand-by la proposta di Sator e Palladio, economicamente limitata ai 450 milioni che sarebbero iniettati in Premafin per consentirle di sottoscrivere la quota parte dell’aumento FonSai e che avrebbe il difetto “estetico” di lasciare il 40% del capitale della holding in mano ai vecchi azionisti, con i Ligresti al 20% (se si considerano le quote ufficiali in mano alla famiglia) o al 28% (se fa fede la posizione della Consob che attribuisce a loro anche le partecipazioni detenute nei trust alle Bahamas).
Autore: Antonella Olivieri – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)