Opinione della Settimana

Risanamento Premafin: I dettagli del piano per la holding

I passi della ristrutturazione del debito nel documento preparato da Banca Leonardo. L’impairment di FonSai ha fatto saltare i covenant dei prestiti sul patrimonio netto: scade a fine maggio il termine per ricostituirlo.

Per Premafin la corsa contro il tempo è già iniziata. La svalutazione, imposta il 30 marzo scorso dall’impairment test, sul valore di carico delle azioni FonSai (passato da 7,9 euro a 3,95 euro), ha fatto saltare infatti uno dei covenant del finanziamento in pool da 322,5 milioni e cioè il mantenimento sotto la soglia di 1,1 del rapporto tra l’indebitamento finanziario netto e il patrimonio netto, calcolato sui dati civilistici della holding. Secondo i termini del prestito, se il rapporto non fosse ripristinato entro 60 giorni – dunque, in questo caso, entro fine maggio – scatterebbe l’evento di default che imporrebbe a Premafin l’immediato rientro.

Scenario letale per il destino della holding che sarà però scongiurato se il piano di salvataggio proseguirà sui binari previsti. Alla sottoscrizione da parte di Unipol dell’aumento di capitale Premafin da 400 milioni, si aprirebbe infatti l’ombrello della ristrutturazione del debito concordato tra le sette banche creditrici e approvato in via definitiva da UniCredit, Mediobanca, Cariparma, Intesa, Bpm e Banco Popolare. All’appello manca ancora Ge Capital (38 milioni di credito vantato), che, pur essendosi impegnata come le altre a presentare la proposta agli organi competenti, si è discostata dalla formula standard che contempla il «parere favorevole» del comitato tecnico.

Cosa prevede, dunque, il «Piano di risanamento» Premafin? Nel documento, preparato a fine marzo dall’advisor Banca Leonardo e consegnato a tutte le banche esposte, si distinguono due fasi. Nella fase 1 – che parte appunto con la ricapitalizzazione di Premafin da parte di Unipol, prevista a maggio – l’equity swap con UniCredit viene estinto mediante “consegna fisica”: Premafin rileva 3,47 milioni di azioni FonSai e si assume un debito di 45,5 milioni nei confronti dell’istituto di Piazza Cordusio. Quindi il finanziamento in pool da 322,5 milioni e i 45,5 milioni derivanti dall’equity swap vengono convertiti in un unico prestito senior da 368 milioni (più gli interessi maturati dal 1° gennaio 2012 alla data dell’aumento di capitale), con scadenza 31 dicembre 2020 e facoltà di rimborso anticipato. Così ripartito: UniCredit 42,4% (156 milioni), Mediobanca 19,7% (72,4 milioni), Cariparma 11,9% (43,8), Ge Capital 10,3% (38), Intesa 7% (25,9), Banco Popolare 5,1% (18,8), Bpm 3,6% (13,1). Capitolo a parte per la controllata Finadin verso la quale sono esposte Banco Popolare per 12,8 milioni e Bpm per 13,9 milioni.

Nella fase 2, all’efficacia della fusione tra Premafin, Unipol assicurazioni, FonSai e Milano, 225 milioni del finanziamento senior vengono trasformati in un prestito che, alla scadenza del 31 dicembre 2015, viene obbligatoriamente convertito dalle banche in azioni del nuovo polo. I 143 milioni residui rientrano sotto il cappello di un secondo finanziamento senior, ammortamento a partire dal 2017 in due rate annuali, scadenza finale 31 dicembre 2018 e facoltà di rimborso anticipato.

Se si andrà fino alla fase 2, le stime contenute nel documento evidenziano che «la combined entity (cioè il polo derivante dalla fusione, ndr) genererà flussi monetari netti e disporrà di patrimonio libero capiente rispetto all’importo del secondo finanziamento senior». Se invece il piano dovesse fermarsi alla fase 1, senza maxi-fusione, la previsione è che a fine 2020 Premafin avrebbe ancora un indebitamento netto di 240 milioni. A quel punto si aprirebbero due strade: «L’eventuale rifinanziamento del debito» oppure «la cessione – in tutto o in parte – del pacchetto di controllo in FonSai» per ripagare le banche.

Autore: Antonella Olivieri – Il Sole 14 Ore (Articolo originale)

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