Opinione della Settimana

Premafin: richiesta alle banche di convertire i crediti

«Tutto dovrà essere visto non nel singolo dettaglio ma in complessivo». Sono parole di Federico Ghizzoni, amministratore delegato di UniCredit, e in quanto tale primo creditore della Premafin. Il riferimento è all’opzione, al vaglio nelle ultime ore, di chiamare le banche a uno sforzo ulteriore sulla holding convertendo in equity tutta l’esposizione, ossia 400 milioni. La dichiarazione di Ghizzoni fa intendere che Piazza Cordusio non esclude a priori l’opportunità di riprendere in mano assieme agli altri istituti il piano di ristrutturazione del debito Premafin e di ridisegnarlo secondo gli auspici del gruppo assicurativo.

Auspici supportati anche da specifico parere del collegio sindacale della compagnia che nei giorni scorsi ha ritenuto opportuno mettere sull’avviso il board di Fondiaria rispetto ai possibili danni patrimoniali conseguenti all’integrazione con la holding. Di qui, la richiesta di verificare la possibilità che le banche diventino azioniste della Premafin. Un’operazione che, in ogni caso, è ancora tutta da studiare. Ma soprattutto richiederebbe alcuni passaggi tecnici urgenti. Entro fine maggio se non vengono ripristinati i covenant per la holding scatta l’evento di default. In ragione di ciò il tempo per trovare un nuovo accordo stringe.

Come è noto non è stato semplice trovare l’intesa sul piano precedente che impegnava le banche per complessivi 225 milioni dei quali 75 milioni a carico di Unipol, più 170 milioni di rifinanziamento. Peraltro a questo progetto manca ancora il sigillo ufficiale di General Electric, esposta più o meno per 30 milioni. Ora si tratterebbe dunque di riavviare la trattativa ma soprattutto di stabilire le condizioni alle quali dar seguito alla trasformazione del debito in azioni. È pensabile di convertirne una tranche subito e il resto attraverso un prestito convertendo? Se sì, a quale prezzo? Esiste un prezzo dei titoli Premafin stabilito da Unipol nella proposta di sottoscrizione dell’aumento di capitale riservato da 400 milioni. Tuttavia quel valore incorpora una sorta di “premio” legato al diritto di passaggio che il gruppo di Bologna sfrutta per diventare primo socio della FonSai. E i Ligresti? Per loro si prospetta una doppia diluizione: conversione dei debiti più aumento di capitale, il tutto per un valore di 800 milioni.

Tutto ciò non basterà, comunque, a placare gli animi della controparte Sator e Palladio. Certo i due fondi nel mettere all’indice l’operato del consiglio di amministrazione di Fondiaria stigmatizzavano il solo fatto che la compagnia prendesse in esame una fusione con Premafin visti gli effetti negativi sul patrimonio. Ma questo era solo uno dei tanti aspetti «non graditi» a Sator e Palladio. Tant’è che ieri Matteo Arpe si è limitato a commentare: «La nostra offerta è efficace e quindi a oggi è valida. I soldi sono pronti, tutto è già stato deliberato. Decade il 30 aprile». Prima, però, ci sarà l’assemblea del 24 aprile e lì i due fondi scopriranno le carte.

Autore: Laura Galvagni – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)

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