Intervista ad Antonio Finocchiaro (Covip, nella foto):
Presidente, tra due mesi scade il suo mandato: in cosa si sente di aver inciso sul sistema previdenziale?
Non sta a me fare un bilancio sul mio operato. Posso solo dire che, in questo quadriennio, la Commissione ha contribuito nella sua collegialità, a imprimere una spinta qualitativa all’attività della Covip, sotto il profilo sia istituzionale sia normativo e di conseguenza sull’attività dei fondi pensione. Tra le diverse iniziative che sono state portate a termine, una pietra miliare è rappresentata, secondo me, dalle disposizioni sul processo di attuazione della politica di investimento. Con questo documento infatti si è voluto responsabilizzare ulteriormente gli organi di governance dei fondi sulle scelte di investimento dei contributi degli aderenti, con l’obiettivo di conseguire maggiori rendimenti senza però aumentarne i rischi. È, questo, uno strumento importante quanto la revisione del decreto sui criteri e i limiti d’investimento, il noto 703 del 1996, atteso entro la fine dell’anno. Poi si inizierà a lavorare su quello analogo che riguarda le Casse
Che alla fine sono tornate sotto il vostro controllo….
Sì, anche se abbiamo perso tre mesi in questo andirivieni. Abbiamo avviato con l’Adepp, l’associazione delle Casse, incontri sulle informazioni che dovranno essere fornite alla Covip per consentirle di svolgere al meglio i controlli di competenza. Saranno poi i Ministeri interessati a emanare il decreto che regolerà gli investimenti e che, da quanto ci è stato anticipato, dovrebbe ricalcare in buona parte la regolazione degli investimenti dei fondi pensione.
I tre mesi a cui Lei si riferisce, sono quelli durante i quali la Covip ha rischiato di scomparire…
Sì. L’episodio cui si riferisce è reale, ma il Parlamento ha preservato l’autonomia della Covip. Non sono certo che la confluenza di Covip e Isvap in un’unica Authority rappresentasse una soluzione ottimale. Vi era anche il rischio di una confusione di ruoli nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, che è opportuno rispecchino la ripartizione dei compiti tra fondi pensione e soggetti gestori (intermediari, finanziari e assicurativi).
A cinque anni dalla riforma del Tfr è vera concorrenza tra gli strumenti previdenziali?
Molto è stato fatto, anche dalla Covip, ma esistono margini di miglioramento. Si tratta di un processo progressivo che deve coinvolgere tutti gli operatori del settore. Oggi le adesioni alla previdenza complementare crescono soprattutto grazie ai Pip ma non è detto che tali forme rappresentino sempre la scelta più conveniente per l’aderente. In futuro la Covip nel disciplinare le modalità di raccolta delle adesioni potrebbe dettare ulteriori regole di comportamento, finalizzate a rendere maggiormente edotto l’aderente delle possibili alternative. Io stesso ho più volte ricordato, ai promotori finanziari e ai responsabili dei fondi, la necessità di tenere presente la funzione sociale connessa all’operatività in questo settore.
Come rilanciare le adesioni, ancora molto ridotte?
Un aumento sostanziale delle adesioni può realizzarsi solo con la ripresa economica e con l’impegno delle parti sociali sui tavoli negoziali e sul territorio. Sono sempre più convinto della necessità del secondo pilastro previdenziale. Sono anche convinto, e ne ho parlato in più occasioni, che sarebbe importante pensare ad un welfare integrato che comprenda anche la sanità privata. Se richiesto, sotto la vigilanza della Covip.
A quest’ultimo proposito, che riscontri ha avuto?
In varie occasioni il problema è emerso. Cresce l’esigenza di un’autorità per il welfare per il controllo di fondi pensione, casse professionali, fondi sanitari, e uno sguardo al crescente fenomeno del welfare aziendale. L’aumento della longevità pone nuove esigenze di prestazioni previdenziali e sanitarie, di base e integrative. La quota dei non autosufficienti aumenterà nella società futura. La Covip può solo fare delle proposte; poi tocca al Parlamento, al Governo e alle parti sociali decidere.
I fondi pensione sono sufficientemente efficienti?
Se si misura il rendimento e si tiene conto della crisi dei mercati, direi proprio di sì. Resta il problema dei piccoli fondi pensione: il loro numero va ridotto agevolando le aggregazioni, eventualmente con incentivi o disincentivi fiscali. Ma anche qui le modifiche all’attuale normativa non possono essere apportate dalla Covip.
Fonte: Plus24