Oggi al consiglio superiore di Via Nazionale le decisioni sulla partecipazione del 4,5% detenuto nel capitale della compagnia di Trieste. Per sciogliere il conflitto d’interesse che deriva dalla nascita dell’Ivass, Bankitalia conferirà la quota al Fondo di cui avrà il 20% del capitale. Limitazioni al voto e alla rappresentanza in consiglio. Quota da cedere entro due-tre anni
Sarà una partecipazione “a tempo” destinata ad essere dismessa. Il Fondo Strategico Italiano, posseduto interamente dalla Cassa depositi e prestiti, rileverà dalla Banca d’Italia (nella foto, Palazzo Koch) il pacchetto del 4,5% di Generali ma con l’impegno a cederlo entro un periodo congruo (2-3 anni) sul mercato. Pur nel riserbo che ancora circonda l’operazione è la rassicurazione che giunge sul modo in cui Via Nazionale si prepara ad alienare la sua storica partecipazione nel Leone. La Banca si è impegnata a sistemare la complessa partita prima della fine dell’anno ed oggi la questione sarà all’esame del consiglio superiore della stessa banca.
La cessione è imposta dal fatto che, da gennaio, all’istituto guidato da Ignazio Visco farà capo la nuova autorità di vigilanza sul mercato assicurativo (l’Ivass), ciò che obiettivamente crea una situazione di potenziale conflitto d’interesse. La scelta di destinare al Fondo strategico della Cdp la quota della compagnia triestina in cambio di una partecipazione nello stesso Fondo – considerati i valori del pacchetto, all’incirca 900 milioni, si dovrebbe aggirare intorno al 20% – è quella che agli occhi di Via Nazionale era sembrata la soluzione che meno influiva sugli attuali equilibri del Leone. Ma con le prime indiscrezioni sulla possibile transazione erano giunti anche i timori espressi da alcuni azionisti – direttamente dal gruppo De Agostini e mugugni si erano levati anche da Mediobanca, storico socio di riferimento del gruppo assicurativo – sul fatto che attraverso la Cdp si potesse realizzare una sorta di mini pubblicizzazione strisciante della compagnia triestina. Si è così giunti a definire una struttura definitiva dell’operazione che appunto configura un possesso solo temporaneo di quelle azioni.
Era stato nei giorni scorsi lo stesso governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, in un’intervista su “La Stampa“, a fugare quelle preoccupazioni dando notizia dell’imminente riunione del Consiglio superiore. «Nessuno ha mai pensato di statalizzare alcunchè», aveva sottolineato aggiungendo che l’istituto di Via Nazionale era deciso ad ottenere «le migliori garanzie perché il trasferimento di questa quota non dia luogo ad interferenze sulla gestione della società e non alteri le prassi di mercato». Non solo. La cessione – aveva detto ancora Visco – avverrà in modo tale da garantire che anche nella nuova collocazione la partecipazione nel Leone verrà gestita con modalità «che non devino da quelle seguite dalla Banca d’Italia negli anni». In pratica il Fondo strategico non reclamerà un posto nel consiglio di amministrazione di Trieste e, come è avvenuto finora, si limiterà ad appoggiare le liste di investitori istituzionali coagulate tradizionalmente attorno ad Assogestioni. Lo statuto dello stesso fondo, del resto, non impone una gestione “attiva” delle sue partecipazioni. E inoltre la problematica di corporate governance, che pure da qualche parte era stata sollevata nei giorni scorsi, perde consistenza con la decisione di mantenere solo temporaneamente la quota di partecipazione in capo alla Cdp. Da quanto si è appreso infine anche all’indomani della cessione sul mercato della quota di minoranza delle Generali, Via Nazionale non dovrebbe abbandonare del tutto l’azionariato del Fondo Strategico che potrà pertanto avvantaggiarsi di quella importante presenza.
Autore: Riccardo Sabbatini – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)