Opinione della Settimana

Il 77% delle riserve Vita è garantito

Secondo un confronto Ania sui 30 anni, le polizze sono state più efficienti delle azioni

Oltre i due terzi delle gestioni separate assicurative sono impiegati in titoli di Stato. Mentre le azioni pesano solamente per il 3,7%. Dato che invece sale al 30% per i prodotti di Ramo III (polizze finanziarie) e di Ramo VI (fondi pensione). La fotografia precisa su dove sono investiti i premi versati dai consumatori nelle casse delle assicurazioni l’ha fornita l’Ania nella consueta relazione annuale. Come ha ricordato il presidente dell’Associazione delle imprese assicurative, Aldo Minucci, le compagnie hanno nelle proprie casseforti circa l’11% del debito pubblico italiano. Uno stock imponente che sfiora i 220 miliardi.

Una notizia che è stata annunciata alla vigilia dell’ennesimo giorno di passione per i titoli dei Paesi periferici dell’Europa che mercoledì 3 luglio hanno ricominciato a soffire a causa della crisi portoghese. Il destino delle compagnie è dunque legato a doppio filo con lo spread BTp/Bund che, nel bene e nel male, ha condizionato i bilanci. Nel complesso il saldo tra plusvalenze e minusvalenze latenti è stato ad aprile positivo e pari a +23,1 miliardi (era positivo e pari a circa 16 miliardi alla fine del 2012). Era invece fortemente negativo per 30 miliardi a fine 2011, quando lo spread era salito oltre 500 e pari a -4 miliardi a fine 2010 con uno spread a 320.

Ramo Vita

Ma che rischio corrono coloro che hanno in tasca una polizza Vita? Le statistiche Ania tranquillizzano: il 77,5% delle riserve è posizionato su forme di risparmio garantito, siano esse polizze rivalutabili di Ramo I o polizze di capitalizzazione di Ramo V, nonché su unit protette. Insomma, se lo spread peggiora saranno soprattutto problemi delle compagnie. Il grosso è infatti investito soprattutto sulle polizze legate alle gestioni separate che, grazie al loro meccanismo di funzionamento, consentono di immunizzare il portafoglio che viene valorizzato di anno in anno al «costo storico» e non ai valori di mercato, come avviene per altre attività (fondi comuni, Etf e titoli di Stato). Il rendimento annuale della gestione (che deriva essenzialmente dal trading sui titoli e dalle cedole incassate) viene attribuito agli assicurati di anno in anno, in una determinata percentuale (generalmente l’80%) o al netto di una misura fissa (1-1,5%), ferma restando la soglia minima del tasso di rendimento garantito.

La gara sui 30 anni. Grazie a questo meccanismo, come emerge dal focus realizzato dall’Ania, chi avesse investito 100 nel 1982 in un una gestione separata a fine 2012 si sarebbe trovato con 1.433 (sulla base dei ritorni lordi registrati nel periodo), con un rendimento medio annuo lordo del 9,3%, che significa il 5,2% al netto dell’inflazione e con una volatilità (deviazione standard) del 5,1%. Chi avesse investito la stessa cifra in azioni si troverebbe invece ad avere realizzato un rendimento medio annuo (considerando il reinvestimento dei dividendi) dell’8,7% (4,5% in termini reali). Ma con un rischio sopportato ben maggiore: con una volatilità del 30,6%. Va ricordato però che questo paragone appare un po’ superficiale, in quanto non si tiene conto dei caricamenti iniziali dei prodotti Vita. Inoltre si considera la performance lorda delle gestioni che di solito trattengono annualmente circa il 20% del rendimento realizzato. Non è invece incluso nell’analisi il risparmio fiscale per coloro che hanno potuto detrarre il 19% del premio versato (fino 2,5 milioni delle vecchie lire). Agevolazione ancora vigente per i contratti sottoscritti prima del 2001.

Alla contestazione sui costi risponde lo stesso studio Ania che guarda all’indice di Sharpe (rapporto tra rendimento e deviazione standard) e che spiega come «la strategia di investimento in gestioni rivalutabili è risultata quindi, dal 1982, sempre preferibile a quella dell’investimento in azioni italiane, anche ove si tenesse conto dell’eventuale quota di rendimento lordo delle gestioni non attribuita alle prestazioni». Lo stesso discorso però non vale se si fanno i conti con Tfr e titoli di Stato. «Tra il 1982 e il 2000 il rendimento lordo delle gestioni separate è stato di norma superiore al rendimento dei titoli di Stato al Tfr e all’inflazione», precisa lo studio Ania. Ma dall’ingresso dell’euro in poi, e in particolare negli ultimi quattro anni, il rendimento lordo delle gestioni separate è stato pari al 4% a fronte del 4,1% dei titoli di Stato, del 3,1% del Tfr e del 2% dell’inflazione.

Autore: Federica Pezzatti – Plus24 (Estratto articolo originale)

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