I titoli assicurativi meglio del comparto di riferimento: da Axa (+62,5%) a Prudential Financial (+61,4%) fino a Generali (+45,4%). Unica eccezione la cinese Ping insurance company of China
Società assicurative che hanno una rilevanza sistemica. Il Financial stability board, ieri, ha individuato le «magnifiche» nove. Compagnie, cioè, cui potranno prescriversi requisiti più stringenti, specialmente dal punto di vista patrimoniale.
Al di là degli aspetti regolamentari, quale però le dinamiche di questi titoli in Borsa? È presto detto. Sui 12 mesi (chiusura al 18/7/2013) le azioni di questi giganti assicurativi hanno corso parecchio: dalla francese Axa (62,5%) all’italiana Generali (+45,4%); dalla tedesca Allianz (+45,6%) alla statunitense MetLife (+57,8%) fino all’altra americana Prudential Financial (+61,4%).
L’unica eccezione? Ping insurance company of China. Il gruppo cinese, infatti, alla borsa di Hong Kong ha lasciato sul parterre il 18,8%. La società, tra un balzo e l’altro sui rumors di M&A, ha inevitabilmente sofferto i timori sul credit crunch nel Paese del Dragone. Tanto che, sul più breve periodo (da inizio anno), il rosso è maggiore (-22,6%). Certo, può obiettarsi che anche le altre società hanno rallentato: Axa, per esempio, è salita «solamente» del 23,6%; la stessa compagnia del Leone di Trieste ha limitato il rialzo al 5,2% mentre Aviva è praticamente invariata (-0,3%). E tuttavia, nessuno delle «magnifiche» nove (tranne, per l’appunto, Ping) ha un saldo chiaramente negativo.
A ben vedere si tratta di performance, sui 12 mesi, migliori dei settori di riferimento, sia in Europa (esclusa Aviva) che a Wall Street. Un andamento in sincrono, tuttavia, non replicato sul più breve periodo.
Nel 2013, infatti, i big Usa battono l’S&p500 insurance. Al contrario, nel Vecchio continente solo Axa «resiste» sopra lo Stoxx 600 insurance.
Ciò detto, quale la percezione del mercato rispetto alla volatilità dei titoli ? Per rispondere al quesito può guardarsi ad un indicatore ben noto ad analisti e operatori: il Beta.
Il coefficiente individua il comportamento di un’azione rispetto all’indice di riferimento. Quanto il Beta è superiore all’unità, significa che l’azione amplificherà in maniera più che proporzionale i movimenti dell’indice stesso. Se, invece, è compreso tra zero e 1 lo spostamento sarà, al contrario, meno che proporzionale. Quindi, più l’indicatore è basso e più il titolo dovrebbe dare minori oscillazioni (e meno «colpi» al cuore del risparmiatore).
Ebbene secondo i dati forniti dal terminale Bloomberg (al 19/7/2013), il Beta di tutte società considerate è superiore all’unità. Il coefficiente più basso, comunque, è quello di Generali. La compagnia italiana ha un valore di 1,02. Minore rispetto a quello, ad esempio, di Axa (1,51); di Prudential Financial (1,54); di Aig (1,45) o di MetLife (1,55).
Questo significa, quindi, che il titolo del gruppo italiano è il più «tranquillo»? Considerato individualmente, ovviamente sì. Tuttavia, come spesso accade in finanza, il singolo numero racconta solo parte della storia.
Cioè, deve ricordarsi che il Beta di un’azione è definito rispetto all’indice di appartenenza. Quest’ultimo, a sua volta, ha la propria volatilità. La quale, giocoforza, si rifletterà (seppure indirettamente) sulle singole azioni. Quale, allora, la situazione su questo fronte?
La volatilità implicita media (a 90 giorni), dell’S&P500 è la più bassa: viaggia intorno al 14,48. Un po’ più in alto c’è il Dax di Francoforte (16,8). Più su ancora Londra (18,6). Svetta su tutte Piazza Affari (30). A ben vedere, i livelli indicati sono tutti su livelli non elevati. Quindi, per adesso, la volatilità non dà segni di pericolosità.
E tuttavia, riguardo alla Borsa milanese, non può dimenticarsi il ben noto rischio legato al sistema Italia. Cioè, al di là delle singole storie aziendali, i corsi azionari possono cambiare repentinamente. Beta o non Beta.
Autore: Vittorio Carlini – Il Sole 24 Ore (Articolo originale)