Il primo aumento di capitale da 450 milioni, quello del 2011, di fatto è servito solo per tappare marginalmente il buco presente nei conti
I vertici di Fondiaria Sai, è la tesi che emerge dalle carte dell’ordinanza, erano perfettamente al corrente del buco nelle riserve della compagnia. E il primo aumento di capitale da 450 milioni, quello risalente al 2011, di fatto è servito solo per tappare marginalmente la falla presente nei conti. Non a caso, sostiene il Tribunale di Torino, la vera inversione di rotta in termini di aggiustamento del bilancio rispetto alle effettive necessità, avviene solo a valle della ricapitalizzazione che, seppur insufficiente, porta all’ingresso di UniCredit nel capitale della compagnia con il 6,6%. Secondo le testimonianze raccolte, infatti, sarebbero stati gli innesti nella governance promossi dalla banca di Piazza Cordusio a promuovere un’operazione trasparenza. Mossa che porta la compagnia a considerare di mettere in agenda una nuova ricapitalizzazione.
Secondo quanto riferito da un teste, in un primo consiglio di amministrazione del 23 dicembre 2011 viene indicata quale prima misura tampone quella di mettere in calendario una ripatrimonializzazione da 750 milioni. La cifra sarebbe frutto delle indagini compiute all’epoca dall’Isvap sui conti della società. Al termine dell’ispezione, l’Autorità concluse che servivano, considerando unitamente Fonsai e Milano, 517 milioni per le generazioni antecedenti il 2010 e 115 milioni per la generazione corrente. Poco meno di quanto stimato dalla società stessa in un’analisi compiuta dopo il cambio al vertice, dalla quale emergeva una sottoriservazione per 660 milioni. Le cifre, però, cambiano repentinamente e nell’arco di un mese si arriva a stabilire che i 750 milioni iniziali non sono più sufficienti ma bisogna mettere in cantiere un aumento da 1,1 miliardi. La ragione? Sempre stando a quanto riferito da un teste, nel consiglio del 29 gennaio 2012 si analizza una nuova documentazione ma soprattutto nuovi numeri: se il margine di solvibilità a fine dicembre era pari a 87 a fine gennaio raggiunge la percentuale di 75.
A cui si aggiunge un peggioramento del dato sulle riserve: «da 660 milioni si passa a 690 milioni per effetto di una maggiore sofisticazione nelle metodologie attuariali adottate ed un peggioramento netto della gestione sinistri del 2011», spiega il teste. Ma come mai fu cambiato il metodo di valutazione? Secondo un’altra testimonianza, l’innesto di nuovi manager coincise con l’arrivo della prima lettera dell’Isvap e per rispondere a quelle prime richieste venne immediatamente avviata una prima analisi dei conti. Tuttavia, le prime proiezioni «incominciarono ad evidenziare la necessità di importanti integrazioni delle riserve sinistri». Il risultato fece immaginare «che Fonsai disponesse di modelli non aggiornati» e quindi si ripartì, «costruendo da zero, nuovi modelli attuariali» grazie anche all’aiuto «di una consulenza tecnica». Di qui il dato dei 690 milioni e la successiva decisione di portare a 1,1 miliardi la somma da iniettare nelle casse della compagnia.
Fonte: Eventiquattro (Articolo originale)