A gennaio, nei dati Istat relativi ai cittadini non comunitari, la presenza estera ufficiale risultava superiore a 3,7 milioni di unità. I nuovi arrivi sono frenati dall’assenza di lavoro, i permessi si sono ridotti del 27% e le rimesse calate nel 2012 del 7,6 per cento. Per continenti è rilevante la presenza africana di 690mila unità, seguita da Asia ed Europa centro-orientale e dall’America centro-meridionale. Marocco, Albania, Ucraina, Cina, Filippine, Perù sono le comunità più rappresentate e i flussi cambiano in presenza di guerre – come in questi giorni il dramma di Lampedusa ha dimostrato – in periodi diversi. Le complessità non mancano e prevale la necessità del primo aiuto.
Se da una parte le famiglie sotto la soglia di povertà economica erano oltre il 42% nel 2010, con un probabile peggioramento negli ultimi mesi, il 23,8% risulta invece proprietario di case ed esiste una piccola capacità di risparmio (oltre 600 euro medi l’anno). Alcune comunità sono stabilizzate e camminano da sole: all’interno di questi maxi-gruppi sono nate imprese, attività commerciali, imprenditori e dipendenti con tasse e versamenti previdenziali contribuiscono al tessuto economico e alle entrate pubbliche. Dati aggiornati emergeranno giovedì a Milano dal Rapporto annuale 2013 sull’economia dell’immigrazione. La Fondazione Leone Moressa, presente il ministro per l’Integrazione, Cècile Kyenge, ha sollecitato l’intervento di esperti per esaminare i diversi aspetti: dalla salute alla formazione, dai comportamenti finanziari ai servizi. Il 75% dei nuovi italiani possiede un c/c in banca o in posta anche se resta forte l’attrazione dei money transfer, con qualche rischio. Le grandi banche offrono servizi dedicati. Extrabanca lavora come istituto specializzato, non guadagna ma intanto allarga la presenza a Roma.
Autore: Paolo Zucca – Plus24