Opinione della Settimana

Stentano le pensioni integrative: gli italiani preferiscono tenersi il Tfr

Cresce del 10% il patrimonio gestito fondi pensione negoziali nel terzo trimestre fino a 33 miliardi, ma gli iscritti calano dello 0,7% nell’ultimo anno restando sotto quota 2 milioni (1,956 milioni)

Pensioni - Fondo cassa ImcLa prospettiva di una pensione striminzita non ha ancora convinto gli italiani a trasferire il proprio Tfr nelle casse dei fondi che si occupano di previdenza integrativa. Di fronte a un assegno di vecchiaia che probabilmente sarà pari alla metà dell’ultima busta paga molti italiani preferiscono andare in pensione incassando il Trattamento di fine rapporto, piuttosto che devolvere ogni anno quella risorsa a un fondo che poi ce la restituirà sotto forma di assegno integrativo, un po’ alla volta, dal giorno della pensione fino all’ultimo dei nostri giorni.

L’idea del tutti e subito è ancora dominante, e forse uno dei motivi del fallimento della riforma pensionistica deve essere cercato anche qui, nell’aver voluto togliere l’agognato Tfr dalle tasche dei lavoratori per compensare una pensione che non sarà in grado di permettere una qualità della vita pari a quella di quando si lavorava.

Così sebbene sia cresciuto del 10% il patrimonio gestito dai fondi pensione negoziali nel terzo trimestre fino a 33 miliardi, gli iscritti tuttavia sono calati dello 0,7% nell’ultimo anno restando sotto quota 2 milioni (1,956 milioni). Sono i dati presentanti dalla Covip (la Commissione di vigilanza sui fondi pensione) all’assemblea annuale di Assofondipensione. L’associazione parla di “dinamiche di adesione alla previdenza complementare ancora modeste rispetto agli obiettivi prefissati“. “Dopo il boom del 2007, la previdenza complementare cresce a ritmo troppo lento e insufficiente rispetto a quello che sarebbe necessario per costruire un sistema pensionistico misto“, ha affermato il presidente di Assofondipensione, Michele Tronconi.  Il rapporto tra pensione e ultima retribuzione, che si prevede scenderà dal 67% degli attuali pensionandi a circa il 50% attorno al 2030, “impone” secondo Tronconi lo sviluppo della previdenza complementare, che “rappresenta un obiettivo imprescindibile per garantire l’equilibrio fra la sostenibilità finanziaria e la sostenibilità sociale del nostro Paese, se si vuole evitare, in particolare ai giovani lavoratori, una vecchiaia di ristrettezze e di disagio“.

Per Maurizio Petriccioli, Vicepresidente di Assofondipensione, “La previdenza complementare  sconta oggi difficoltà legate sia alla crisi economica e occupazionale, sia a  fattori specifici  derivanti dalla scarsa fiducia nei mercati finanziari e dalla inadeguata conoscenza delle opportunità offerte dai fondi pensione negoziali, in termini di sicurezza gestionale e di benefici contrattuali e fiscali. Per questo occorre rilanciare una efficace campagna di informazione ed educazione previdenziale, anche per far emergere con la massima trasparenza  le differenze in termini di costi e rendimenti esistenti fra i diversi prodotti previdenziali presenti sul mercato (fondi pensione negoziali, fondi aperti, PIP assicurativi) e valorizzare meglio il ruolo promozionale e di sostegno della contrattazione collettiva, perché la previdenza complementare resta innanzitutto una componente essenziale del nuovo Welfare, una forma di intervento che assume a riferimento un modello sociale e non solo finanziario“.

Fonte: La Repubblica (Articolo originale)

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