La busta arancione (sembra) ci sarà. Qualche giorno dopo l’apparente marcia indietro sul progetto atteso da anni, il ministro Enrico Giovannini ha confermato che nel 2014 i lavoratori saranno messi nelle condizioni di conoscere anche una stima della pensione futura sulla base di diverse ipotesi di carriera.
Basterà l’aumento di consapevolezza sull’esiguità delle rendite di domani a convincere milioni di lavoratori ad aderire ai fondi pensione? Non lo so. Le strade dei comportamenti sono imperscrutabili e complesse. Occorrerebbe stimare qual è la consapevolezza che i lavoratori hanno già, in assenza di una informativa (ancorché stimata), sulle prestazioni future percepite come assai magre e lontane. Ciononostante, in tre su quattro non hanno ancora aderito a piani di previdenza integrativa.
Più interessante è seguire quello che sta accadendo nel Regno Unito, dove dall’ottobre 2012 è stato introdotto l’auto-enrolment ai fondi pensione. I dipendenti vengono automaticamente iscritti al piano previdenziale di riferimento, e hanno un mese di tempo per uscirne (opt-out). È un meccanismo ben diverso da quello congegnato nella riforma Maroni del 2005, che prevede un periodo iniziale di sei mesi nel quale il lavoratore non è iscritto al fondo pensione, ma ci può entrare con il silenzio assenso. In Italia c’è la complicazione del Tfr (che sta nel conto mentale che in caso di adesione viene conferito al fondo (risparmio previdenziale). Il risultato è che al momento dell’entrata in vigore (primo semestre 2007) la gran parte dei dipendenti ha optato per il Tfr in azienda. E successivamente questo non è cambiato. Quindi obiettivo fallito. Nel Regno Unito? Una ricerca commissionata dal Governo ha verificato che nei primi sei mesi di applicazione dell’auto-enrolment appena il 9% dei lavoratori ha deciso di uscire, contro il 30% stimato. Very good.
Autore: Marco Liera – Plus24