Il governo Letta partorisce un topolino di riforma della Rc Auto, che tuttavia potrebbe giovare agli automobilisti, fiaccata da tariffe superiori alla media europea del 45%; e gli assicuratori dicono “no!”. Nel decreto-fritto-misto su “Destinazione Italia”, che dovrà essere convertito in legge entro il 21 febbraio, si prevedono infatti alcuni “sconti minimi” che le compagnie saranno tenute a praticare ai loro clienti in alcuni casi: in particolare, uno sconto del 7% a chi adotterà la “scatola nera” (quel dispositivo che, unendo un Gps ad un accelerometro, “traccia” i movimenti dell’autoveicoli e rende pressoché impossibile truffare la propria assicurazione simulando un sinistro che non c’è stato); uno sconto tra il 5 e il 10% a chi accetterà di far riparare l’auto in un’officina convenzionata, pagata direttamente dalla compagnia senza ripararla dove dice lui, facendosi poi rimborsare; uno sconto del 7% per chi accetterà di farsi curare da medici convenzionati con la compagnia; e gli assicuratori italiani si oppongono a questi “sconti minimi” asserendo, con argomentazioni difficilmente sostenibili, che sarebbero incompatibili con alcune norme europee e controproducenti rispetto all’obiettivo di calmierare i prezzi…Bah!
La verità è che per gli assicuratori italiani il problema è sempre un altro, mai la loro proverbiale inefficienza. L’unica categoria al mondo a fare la settimana corta anche in tempi di crisi – “staccano” alle 13 del venerdì – gli assicuratori si vantano di non avere cassa integrazione, nella prassi del loro settore, ed è vero, ma sorvolano sul fatto che la vera cassa integrazione gliel’hanno sempre pagata i clienti, obbligati ad assicurare l’auto (e ormai non solo l’auto, sia pur in forza di obblighi di fatto e non di diritto…) e costretti ad accettare prezzi che non sono ma somigliano molto a tariffe di cartello. E’ vero che le polizze Rc Auto costano nel nostro Paese in media il 45% in più che negli altri paesi europei, “ma la colpa”, per gli assicuratori, non è mai loro. Oggi, a sentirli, il problema – peraltro reale – è la varietà di tariffe riconosciute per il risarcimento dei danni biologici dalle varie Corti d’Appello, in mancanza di una tabella unica nazionale, per cui un braccio rotto a Bari vale X e a Trento vale Y. Ma questo genere di inefficienze e insulsaggini della normativa, che pure andrebbe sanato, non esime le compagnie dalle loro responsabilità.
Per esempio, fino a un paio d’anni fa, il “capro espiatorio” degli assicuratori sul caro-polizze erano le truffe. Verissimo, gli automobilisti italiani cercano di fregare i loro assicuratori con ritmo doppio rispetto alle medie europee. Ma quando al Comune di Napoli l’allora assessore allo Sviluppo Marco Esposito (poi troppo bravo e autonomo, e perciò silurato da De Magistris) s’inventò “Rca Napoli virtuosa”, cioè una convenzione che il Comune offriva a tutte le compagnie per dare loro la lista degli “assicurandi” in regola con la tassa-rifiuti in cambio del fatto di riconoscere loro un forte sconto, in quanto si trattava sicuramente di persone oneste, nessuna compagnia italiana accettò, ed Esposito dovette rivolgersi a una società scozzese, grazie alla quale le tariffe delle polizze sottoscritte da questa “categoria speciale” di assicurati sono scese a Napoli di oltre il 10%. Solo un esempio, ma emblematico, di quante ragnatele ancora coprano un settore oligopolistico, iper-protetto, da sempre al riparo dalla vera concorrenza.
Autore: Sergio Luciano – Affaritaliani (Articolo originale)