Nuove sfide per il mondo assicurativo: le nuove tecnologie spingono le compagnie a rinnovare processi e prodotti. Come? Se ne è parlato a un incontro promosso da Capgemini con il Giornale delle Assicurazioni
(Articolo di Antonio Marini, tratto dal Giornale delle Assicurazioni n. 4 – Aprile 2014)
Parlare di “rivoluzione digitale” in campo assicurativo sembra un azzardo, se non peggio. Il settore è, infatti, uno dei più conservatori in assoluto. In agenzia resistono quintali di carta, approcci “vecchi” e strumenti ormai superati, come il fax, mentre i pagamenti vengono effettuati ancora con contanti o addirittura assegni. E le compagnie raramente spingono sull’adeguamento alle procedure del ventunesimo secolo: l’evoluzione digitale non è neppure uno dei primi punti in agenda dei top manager. Intendiamoci: il cambiamento avverrà, e come. Ma sarà indotto dalle normative, come è stato per l’home insurance e come si verificherà per la dematerializzazione del contrassegno Rc auto (e per i pagamenti elettronici in agenzia). Eppure, la rivoluzione digitale potrebbe aiutare le compagnie a ridurre il gap che rende il nostro paese sottoassicurato.
A cambiare sarebbe l’intera organizzazione della compagnia. A cominciare dall’innovazione di prodotto, dal pricing (più preciso e analitico e, quindi, maggiormente adatto alle necessità dell’assicurato) allo sviluppo di nuovi canali distributivi (e all’utilizzo differente di quelli tradizionali).
Sullo sfondo, le direttive europee presenti e future che potrebbero rendere più omogeneo un mercato, che vede da una parte paesi molto avanzati dal punto di vista assicurativo, dove la polizza non equivale alla sola auto e dove ogni intermediario offre (grazie alla rivoluzione digitale) al cliente polizze di tutte le compagnie; dall’altro, realtà sottoassicurate tutte carta e monomandato.
In che modo tutto ciò può verificarsi? Ha provato a rispondere “Innovazione di prodotto nella digital insurance”, tavola rotonda promossa da Capgemini presso il Giornale delle Assicurazioni, moderata da Angela Maria Scullica, direttore del Giornale delle Assicurazioni, BancaFinanza e Espansione e introdotta da Raffaele Guerra, vice president, insurance practice leader di Capgemini Italia. Al dibattito hanno partecipato Davide Berveglieri, responsabile bancassicurazioni e canali innovativi di Cattolica; Laura Filangieri, direttore commerciale di Intesa Sanpaolo vita; Andrea Lorenzi, responsabile web di Reale Mutua; Luca Magnoni, responsabile progetti digital insurance di Aviva; Davide Passero, amministratore delegato di Genertel, e Vittorio Pini, responsabile prodotti danni di UnipolSai. Ed ecco che cosa è emerso.
Domanda. In che modo una rivoluzione digitale può giovare a un’innovazione di prodotto?
Guerra. Prima di tutto, è necessario chiarire il contesto di riferimento. La trasformazione digitale coinvolge diverse aree. Ha impatto, prima di tutto, sui canali distributivi e cambia la customer experience sia del cliente, sia dello stesso intermediario. In secondo luogo, incide sull’ottimizzazione dei processi interni (nata da iniziative come la digitalizzazione dei flussi cartacei, la firma grafometrica, la collaboration e via dicendo). E poi c’è l’ultima frontiera, che vedrà la rivoluzione digitale cambiare il modello di business. Un traguardo che potrebbe essere in grado di rinnovare i prodotti esistenti, grazie alle tecnologie a disposizione (per esempio, polizze basate sul concetto di continuous underwriting), ma anche di dare origine a nuovi tipi di offerte (evoluzione del pay per use, o logiche di pricing basate sul comportamento dell’assicurato). La nuova situazione potrebbe portare anche a innovazioni organizzative, come la nascita di comunità peer to peer in cui i clienti si autoassicurano sfruttando i social media.
D. Quali sono le leve di possibile innovazione che le compagnie hanno già oggi?
Guerra. Ogni componente di prodotto ha le sue. Il risk assessment può portare a una micro-segmentazione dei rischi (non più calcolati sulla popolazione, ma sul singolo individuo) e a una tariffazione non su base annuale, e neppure mensile, ma continuativa. E siamo passati al calcolo del premio, le cui leve possibili di innovazione sono la personalizzazione delle logiche di pricing e il pay per use. Per quanto riguarda le coperture, il rinnovamento dovrebbe scaturire dalla flessibilità di gestione delle garanzie e dalla loro attivazione trigger based in caso di bisogno (per esempio, l’accensione di una polizza viaggi non appena si varca il confine, oppure quando ci si trova a un tot prestabilito di chilometri da casa). Passiamo alle modalità di acquisto. Qui, la modernizzazione delle offerte assicurative può nascere dall’accorciamento del tempo che intercorre fra bisogno e sottoscrizione del contratto. Una possibilità che è offerta dal mobile social commerce. Un esempio? Eccolo: un iscritto a un social network esprime un’esigenza assicurativa, magari con un like? Bene: la compagnia vede, lo contatta (naturalmente on line) e gli propone le sue offerte di copertura. Infine, l’ultima componente di prodotto che abbiamo esaminato: i servizi extra-assicurativi, cioè quelli che puntano ad arricchire la polizza. A spingere questo settore, la loss prevention (prevenire è meglio che curare) e l’infotainment, cioè offerte informative, educative e di intrattenimento collegate al prodotto assicurativo.
D. Quale sarà la conseguenza di un simile cambiamento?
Guerra. Semplice: il prodotto assicurativo dipenderà da tre fattori innovativi: la telematica, la mobilità e il mondo social. Nel primo gruppo spicca il cosiddetto internet of things. Cioè l’estensione di tutto ciò che avviene (o può avvenire) con la scatola nera ad altri ambiti della vita dell’assicurato. A partire dalla casa. A breve potremmo, per esempio, vivere in una smart home, cioè un’abitazione piena di sensori con cui si può comunicare. E che gestiscono tutto: dai servizi assicurativi più importanti (le polizze casa, per esempio) a quelli addizionali, come l’antifurto. Si diffonderà, quindi, il pay per use: il premio sarà calcolato esattamente in funzione dell’utilizzo. In questo ambito sarà la mobilità a permettere di attivare e disattivare coperture via smartphone o tablet. Con pochi clic. Infine, i social media. Che – ne abbiamo già parlato – hanno tutti i numeri per trasformare un’assicurazione in una Facebook company, dove gli utenti hanno la possibilità di autoassicurarsi (per esempio sui piccoli danni, ricorrendo invece a una copertura collettiva quando i danni superano una certa soglia).
D. Ribaltiamo la domanda sulle compagnie assicurative: che cosa potete fare, già oggi, per i vostri assicurati grazie alla “rivoluzione digitale”?
Filangieri. Prima di tutto, recuperare il rapporto con i clienti. È chiaro: oggi il settore deve fronteggiare un calo di fiducia nei confronti delle istituzioni finanziarie, oltre che una difficoltà a uscire dai tecnicismi dei propri prodotti, per renderli semplici e trasparenti agli occhi dei clienti. In questo i social media hanno una doppia valenza. In primo luogo rappresentano un canale nuovo di comunicazione verso gli assicurati. Si tratta però di un canale particolare, dove, data la forte caratterizzazione personale e trasversale, è necessario che la compagnia trovi il giusto bilanciamento. D’altro canto, i social media sono una grande fonte di informazione rispetto alla percezione che i clienti hanno di prodotti, servizi e compagnie. Per esempio: al cliente viene inviata una lettera scritta male? L’assicurato scriverà subito un post su Facebook, o Twitter. E l’immagine dell’azienda assicurativa ne risentirà. Però esiste anche una grande opportunità di raccogliere questo feedback e poter migliorare. Va da sé che occorre cambiare il nostro modo di lavorare. E organizzare azioni e interventi per costruire le nostre proposizioni commerciali partendo dai customer journey dei clienti stringendo, cioè, un nuovo rapporto con l’assicurato. Un rapporto basato su una relazione più stretta e personalizzata. In questo nuovo contesto, non è più l’intermediario a dire al cliente quando si dovranno incontrare e dove, ma è il cliente che sceglie i canali di contatto e i tempi.
Berveglieri. Sarebbe sufficiente adeguare il servizio che offriamo a quello che il cliente normalmente ottiene dalle altre industry. Anche perché lo stesso cliente, oggi, è informato. È normale che l’assicurato si aggiorni. E che lo faccia da una fonte facilmente accessibile e percepita come imparziale prima che dall’intermediario, a cui ci si rivolge in un momento successivo, alla ricerca di professionalità e di consulenza. Comunque, ci sono canali molto evoluti ed è in corso un’accelerazione molto forte verso la multicanalità, che vede anche noi come attori. C’è la necessità di una visione più globale della protezione. Faccio l’esempio della scatola nera: in questo momento, chi la vuole, la fa installare sull’automobile. È un po’ come se i negozi vendessero televisori con il ricevitore staccato dall’apparecchio. Meglio consegnarli al cliente insieme, no? Allo stesso modo, sarebbe più utile se la blackbox fosse installata di serie nelle vetture. Cosa peraltro prevista da normative europee di futura applicazione. Questo ci aiuterebbe a superare i nostri retaggi, ad accettare questo meccanismo in automobile come accessorio normale e utile. E, magari, ad accelerare su altre funzionalità di questo tipo. Come l’installazione di sensori nelle abitazioni, di cui si è appena parlato, per abilitare servizi di protezione – non solo assicurativi – per l’appartamento. Servizi che possono essere scelti, uno per uno, dal cliente, secondo quello che gli serve.
D. Questo significa che è in atto un ripensamento dell’offerta?
Lorenzi. Sì, ma con le dovute distinzioni. Reale Mutua è una compagnia tradizionale che distribuisce le proprie soluzioni assicurative tramite agenti. Quindi l’intermediario è ancora molto forte nell’offerta. Ma siamo convinti che la rivoluzione digitale vada a modificare gli strumenti, più che il rapporto personale tra cliente e intermediario, ancora molto importante nel mercato italiano. Un modo di relazionarsi che, a mio parere, non potrà mai essere rimpiazzato del tutto dai canali innovativi. Magari il caffè in piazza sarà sostituito dalla bacheca di Facebook come punto di aggregazione, ma l’interazione resterà in primo piano. Stiamo lavorando molto quindi sul mobile e sui social media come canali di servizio. Vale a dire, il customer care, ma anche l’arricchimento del patrimonio informativo del cliente. Questo non significa che non siamo sensibili all’innovazione di prodotto nell’offerta. Nel segmento auto, per esempio, abbiamo aperto già da tempo una soluzione pay per use e stiamo esplorando soluzioni per il pay how you drive, che consentano quindi un pricing legato al comportamento di guida del cliente.
Fonte: Il Giornale (Articolo originale)