(Autore: Carlo Giuro – Milano Finanza)
La scelta di non aderire a forme di previdenza complementare è spesso dovuta a una mancata percezione di come cambierà l’assegno pubblico
I risultati del test «psicofinanziario» realizzato da Schroders attraverso Investimente.it, in partnership scientifica con Matteo Motterlini, direttore del Cresa (Centro di Ricerca in Epistemologia Sperimentale e Applicata – Università Vita-Salute San Raffaele), permettono un’analisi delle correlazioni tra singoli stati d’animo e le trappole emotive che possono maggiormente influenzare le scelte d’investimento. Nella classifica delle trappole mentali più diffuse tra i clienti l’effetto «morso del serpente» (Snake Bite Effect) con il 51% delle risposte, si colloca al primo posto. Si tratta della tendenza a lasciarsi condizionare per le scelte future dagli eventi negativi del passato. Tra le altre trappole emotive rilevate ci sono il cosiddetto effetto gregge (tendenza a conformarsi alle decisioni della maggioranza), l’optimism bias (tendenza a sovrastimare le probabilità di successo e a sottostimare i rischi), la projection bias (tendenza a credere che il futuro somigli al presente) e l’avversione alle perdite (tendenza a vivere le perdite in modo traumatico). Ma esistono anche trappole mentali specifiche per la previdenza complementare. Secondo un’indagine Censis/Covip il risparmiatore avverte l’insorgenza di uno «shock» pensionistico. In media si pensa che la propria pensione pubblica sarà pari al 55% del proprio reddito da lavoro (tasso di sostituzione).
C’è però la convinzione che le regole previdenziali siano destinate a cambiare ancora, e questa incertezza non fa che generare inquietudine. Lo stop and go normativo di questi anni ha minato la fiducia in uno degli aspetti fondativi della pre videnza, la certezza delle regole e il fatto che essa è in grado di dare sicurezza alle persone relativamente alla loro vecchiaia. L’attesa di nuove riforme determina consequenzialmente una sorta di inerzia psicologica che ha come conseguenza la non adesione alla previdenza complementare. Il comportamento generale dell’italiano è caratterizzato poi da quella che i demografi definiscono come la «sindrome del ritardo». Si sposta cioè in avanti ogni decisione. Psicologicamente si tende a replicare lo stesso atteggiamento anche per l’adesione a previdenza complementare: si rinvia la decisione continuamente sia, come evidenziato, attenendo nuove riforme, sia per una non adeguata conoscenza della tematica.
Ma non aderire significa rinunciare a contributi atti a produrre nel tempo una integrazione pensionistica più elevata, rendimenti finanziari, agevolazioni fiscali e nel caso dei lavoratori dipendenti perdendo per gli anni della non adesione il contributo del datore di lavoro.