(Autore: Luca Zucconi – Wired)
L’Italia, la prima a mettere in strada un’auto senza pilota, rimane ai box bloccata dalle solite scartoffie… Una storia già vista
Qualcuno le chiama auto-robot, qualcuno Google-Car, qualcuno auto-autonome o senza pilota, smart-car o driverless car. In ogni caso, non importa quale temine si vuole dare ad una delle possibili e ormai certe incarnazioni di HAL 9000, il supercomputer di 2001: Odissea nello spazio che sembra aver trovato nelle quattro ruote la sua massima espressione. Senza dubbio non esageriamo visto il quadro che si presenta alle soglie del 2015. Come è noto, la corsa alla guida autonoma è ormai ricca di partecipanti, in primis, Audi, Mercedes, BMW, Volvo, Nissan, GM, Tesla e altri concorrenti al di fuori del mercato automotive, come Google.
Negli Stati Uniti, California, Nevada e Florida hanno liberalizzato da tempo la sperimentazione della guida autonoma su suolo pubblico tanto che le driverless car di Google hanno percorso già più di 300mila miglia. Nel Michigan è anche partito il progetto (inserito in una partnership tra istituzioni, aziende e Università del Michigan) Mobility Transformation Facility, che prevede un investimento di 6,5 milioni di dollari per la nascita di una mini-città autonoma; uno spazio pari a circa 18 campi da calcio ricostruito con strade, rotatorie, semafori, panchine, ostacoli e persino facciate di edifici appositamente per testare la guida autonoma in modo da simulare le condizioni di uno spaccato urbano. In Giappone, Nissan ha realizzato lo scorso anno il primo esperimento su suolo pubblico.
L’Europa, invece, si sta preparando all’introduzione nel mercato delle auto a guida autonoma. Lo scorso aprile è stato approvato un emendamento per la modifica dell’articolo 8 della Convention on Road Traffic, trattato internazionale siglato nel 1968 e in vigore dal 1977 che detta le regole del traffico a cui i settantadue stati partecipanti alla convenzione devono adeguarsi con leggi nazionali specifiche. Nel dettaglio, l’articolo che in precedenza diceva “Ogni guidatore deve, in ogni momento, poter controllare il suo veicolo” diviene “Ogni guidatore deve essere sempre presente e abile a prendere il controllo del veicolo, i cui sistemi devono poter essere scavalcati o spenti in qualsiasi momento”. L’articolo è stato cambiato in modo sottile, ma decisivo, affermando che i guidatori delle auto a guida totalmente o parzialmente autonoma possono sollevare le mani dal volante, cosa finora esclusa dal testo originale, a patto che si possa escludere il sistema elettronico. Questo apre decisamente alle auto autonome senza pilota.
La Gran Bretagna sarà il primo Paese europeo ad aprire alle driverless car: da gennaio 2015 le vetture potranno circolare su suolo pubblico senza incorrere in sanzioni, naturalmente in via del tutto sperimentale. Il governo di Londra non vuole lasciarsi sfuggire la possibilità di essere all’avanguardia in una delle tecnologie che in qualche modo piloterà nel bene e nel male il futuro del mondo dell’automobile. Il ministero dei Trasporti entro breve definirà tutti i dettagli di un quadro normativo in cui potranno muoversi le auto senza pilota e le modifiche sostanziali da apportare al codice della strada, visto che le questioni legate alla responsabilità, sia in termini legali che assicurativi, rimangono un rebus di non facile soluzione. In realtà la Gran Bretagna non è davvero il primo Paese, visto che in Svezia il comune di Goteborg ha dato il via libera alla Volvo a test su suolo pubblico per cento vetture, ma solo dal 2017.
E in Italia cosa sta succedendo? Nel nostro Paese l’unica realtà è rappresentata dalla Visione Artificiale e Sistemi Intelligenti Laboratory (VisLab) dell’Università di Parma che si occupa di ricerca sviluppo di algoritmi di visione industriale di base e applicata e sistemi intelligenti per il settore automotive e che lavora sulle auto senza pilota da oltre 20 anni. Nel loro curriculum troviamo il progetto Argo del 1998 che rappresenta il primo esperimento con 2mila km in Italia da Torino passando per numerose città come Roma, Firenze, Pavia e Parma con l’auto Argo che si guidava da sola al 96%. I componenti utilizzati erano semplici e basso costo: una videocamera da videocitofono, un processore Pentium 200 e un motorino passo a passo. Il 20 luglio 2010 con un convoglio di veicoli, il VisLab è partito da Parma in direzione Shanghai, raggiungendo il traguardo dopo 100 giorni, 15.926 km coperti e 9 stati attraversati. Le auto hanno viaggiato in colonna con un pattern leader-follower per ovviare alla mancanza di mappe soprattutto in determinati Paesi. Le auto seguivano e si basavano sul mezzo precedente e su quello successivo.
Nel 2008 è nato il progetto del veicolo BRAiVE (Hyundai Sonica Sonata) che porta dopo diversi test in condizioni controllate al primo test al mondo in condizioni di traffico reale e su strade pubbliche urbane in scenari complessi (rotonde strette, strade trafficate a doppio senso, zone pedonali) realizzato il 12 luglio 2013. Durante l’evento denominato Proud vengono percorsi 13km in 18 minuti di un venerdì mattina di luglio in pieno centro a Parma con una persona a bordo pronta ad intervenire all’occorrenza, mentre gli ultimi 300 metri sono stati percorsi dall’auto in solitaria.
Secondo l’Ing Pier Paolo Porta, PhD Sales Director and Board Member del VisLab la tecnologia è pronta e per i Paesi pionieri (non solo da un punto di vista tecnologico ma sopratutto normativo) si può parlare di driverless car in contesti semplici (autostrade) già poco dopo il 2020 e per contesti più articolati come può essere il centro di una grande città come Roma o Milano non prima del 2035.
Per questo esperimento su strada il VisLab ha dovuto chiedere autorizzazioni partendo dagli enti locali per arrivare al ministero per poi ripercorrere a ritroso lo stesso percorso burocratico facendo passare mesi e mesi; nello specifico sono stati interpellati la Direzione Centrale della Motorizzazione Italiana, il Ministero dell’Interno – Polizia Stradale, ANAS, Comune di Parma, Polizia Municipale e Camera di Commercio di Parma. “La ricezione da parte delle persone con le quali abbiamo interagito è stata positiva, ma essendo una cosa non usuale il solo capire quale poteva essere la procedura da seguire ha richiesto mesi e mesi”, ci confida Pier Paolo Porta. “La cosa non banale non è formulare una richiesta, ma sapere a chi farla, capire chi è l’interlocutore giusto. Bisogna capire di chi è la giurisdizione e la responsabilità”.
Se il nostro HAL 9000 emiliano ci conferma di essere pronti da un punto di vista tecnologico perché per percorrere 13km hanno dovuto scomodare 7-8 enti per due volte e far passare mesi e mesi? Secondo l’Ing. Olga Landolfi – Segretario Generale dell’Associazione Italiana per la Telematica per i Trasporti e la Sicurezza (TTS Italia), associazione che annovera tra i soci fondatori sia il Ministero dei Trasporti che quello dei Lavori Pubblici – in questo momento in Italia manca l’interesse per la guida automatica, intesa come driverless car.
Non fa certo piacere sapere che in uno dei Paesi europei a più alta densità di traffico interno e che per primo ha visto un’auto percorrere diversi km senza pilota non ci sia un interesse legislativo e normativo. L’Ing Landolfi sottolinea: “Noi come Italia le uniche cose che abbiamo da un punto di vista legislativo è il decreto del 1 febbraio 2013 sulla diffusione degli ITS (sistemi di trasporto intelligenti) unico quadro normativo italiano sulla materia ITS pubblicato anche nella gazzetta ufficiale sottoscritto dal ministro dei trasporti e il piano d’azione nazionale sugli ITS approvato dal ministro Lupi il 12 Febbraio 2014”. In realtà tutto questo non è poco, ma il problema è che in questi documenti, sia quello legislativo che il piano, si parla solo di guida cooperativa (auto connessa, auto come un’app…) mentre la guida automatica non è menzionata intesa come guida di un auto senza pilota su suolo pubblico. Conclude l’Ing Landolfi: “Nel panorama legislativo italiano la guida automatica non è attualmente considerata, in questo momentonon ci sono tavoli legislativi aperti, ma solo di ricerca”.
I nodi da sciogliere e le questioni irrisolte per poter mettere in strada un’auto senza pilota non sono di facile e immediata soluzione: prima fra tutte i costi elevati per una diffusione di massa, le incertezze tecniche per una tecnologia nuova (rischio di falle nei sensori, pericolo hacker e rischio privacy per la comunicazione dei dati), il rischio paradossale che un uso eccessivo di questi veicoli possa fare impazzire il traffico, rischio sicurezza e responsabilità sulla strada.
Per quanto riguarda la sicurezza, l’FBI ha preso la questione sul serio e secondo un report di cui è entrato in possesso il Guardian, l’agenzia federale afferma che “La guida autonoma avrà un impatto elevato su quanto sarà possibile fare con un’auto, sia per la legge sia per i suoi avversari. I malviventi”, si legge nel capitolo del report chiamato “Multitasking”, “potranno svolgere azioni che richiedono l’uso di entrambe le mani e quello della vista in una maniera che oggi non è possibile”. Sulla responsabilità civile di un veicolo anche lo stesso numero uno di Nissan-Renault (nonché presidente dei Costruttori europei) ha spiegato: “Il problema non è la tecnologia, ma la legislazione e tutta la questione della responsabilità relativa a queste auto mentre se ne vanno in giro. Soprattutto, va capito chi è responsabile quando a bordo non c’è più nessuno”.
L’Italia dopo essere stata una delle prime se non la prima a mettere in strada un’auto senza pilota in questo momento rimane ai box bloccata dalle solite scartoffie.