(Autore: Paola Jadeluca – Repubblica Affari & Finanza, Osserva Italia)
Cina e Usa, due piattaforme logistiche per sostenere i piani di sviluppo all’estero e di brand del nuovo amministratore delegato della controllata di Generali Italia. Era direttore generali di Agricola San Felilce, del gruppo Allianz
«Razionalizzeremo le referenze, snelliremo l’offerta e stiamo lavorando un piano di sviluppo all’estero»: Alessandro Marchionne (nella foto), 47 anni, è atterrato al posto di amministratore delegato di Genagricola, una delle più grande imprese agroalimentari d’Italia, del gruppo Generali. Marchionne era prima Direttore generale di Agricola San Felice, del gruppo Allianz. Un segnale di quanta attenzione presti al settore il mondo delle assicurazioni, tanto da contendersi gli uomini chiave anche in questo settore.
I numeri parlano da soli: Genagricola nel 2013 ha fatturato 50 milioni di euro, il 60% dalla produzione agricola tradizionale e da due centrali a biomasse, il restante 40% dal settore vitivinicolo. Il vino costituirà il perno attorno a cui costruire le strategie di investimento e ammodernamento di tutta Genagricola.
«Abbiamo 24 diverse realtà agricole per un totale di 14.000 ettari di terreno tra Italia e Romania e oltre 760 ettari di vigneti in otto tenute in Veneto, Friuli, Piemonte, Romagna e Lazio – racconta Marchionne – questo accento su “agricola” ci piace, riporta il concetto delle stesso vino a una visione più globale di terra, di coltivazione, proprio in un momento in cui invece l’accento è sempre più spesso posto sulla cantina».
Ma, nello stesso tempo, sarà il vino a giocare il ruolo di apripista nel riposizionamento di tutto il polo agroalimentare. Dei prodotti della terra, infatti, il vino è stato il primo a fare il grande balzo, a diventare un prodotto d’appeal, anche di lusso. Un simbolo di gusto e di stile di vita ricercato.
«Esatto, il riposizionamento del polo deve seguire questa filosofia, di allungamento della filiera, dalla materia prima alla trasformazione e commercializzazione anche secondo strategie innovative. Le nostre 24 aziende sono attive nei diversi settori: frutta, colture erbacee, sementi e alimentazione animale, allevamento zootecnico oltre alla produzione di energia da biomasse. Produciamo tonnellate di cereali, soia, bietole da zucchero, latte, carne suina.Puntiamo ora a orientare l’attività verso una gestione moderna dell’agricoltura».
Parliamo del vino. Philippe Donnet, presidente di Genagricola e amministratore delegato di Generali Italia, ha dichiarato che il suo compito sarà anche quello di innalzare la qualità delle etichette di oltre che a sviluppare l’export.
«Produciamo ogni anno 9mila tonnellate di uve Doc, Docg e Igt, pari a 4 milioni di bottiglie e 8 brand. La strategia è basata sulla razionalizzazione delle referenze e uno snellimento dell’offerta per valorizzare i punti di forza. Per questa operazione ho chiamato Riccardo Cotarella, quale enologo, un esperto noto in tutto il mondo».
Snellire, razionalizzare. Vuole dire che taglierete?
«Inannzitutto vogliamo accrescere la qualità, sia in vigna che in cantina. Poi vogliamo incrementare il valore aggiunto del brand nei segmenti più importanti. Per esempio, il Prosecco: il 60% viene dalla commercializzazione di questo prodotto con lo storico marchio Tenuta S.Anna e col nuovo brand V8+. Il Prosecco sta conoscendo un grande successo sui mercati mondiali e per il nostro gruppo, che ancora vende per oltre il 50% in Italia, rappresenta un driver importante, attorno al quale rafforzare anche la penetrazione degli altri brand in portafoglio. Abbiamo i grandi bianchi, dal Pinot Grigio alla Ribolla Gialla del Friuli, vitigno autoctono come Albarossa del Monferrato. Le nostre etichette di punta Torre Rosazza, Poggiobello, Borgo Magredo e i rossi Bricco del Guazzi, del Piemonte, Gregoriana, della Romagna, il Solonio, nel Lazio Alba».
Sul totale delle referenze di quanto si ridurrà il portafoglio?
«Complessivamente il numero di referenze è stato ridotto del 20% circa. Ma ridurre le etichette non significa rinunciare ad alcune produzioni. Anzi, vuol dire lavorare con maggior pianificazione, a partire dal commerciale, eliminando etichette sviluppate nel corso degli anni senza un progetto definito o coerente con la strategia del gruppo. Etichette che costano ma rendono poco».
Investimenti in vista, invece?
«Non possiamo escludere che in futuro si possa valutare l’opportunità di migliorare il mix di portafoglio».
La crescita all’estero dove guarda?
«Le priorità sono quelle comuni alla gran parte dei produttori italiani: Usa, Canada, Germania, Regno Unito, Paesi nordici, Russia e Cina. A questo proposito, un ulteriore obiettivo è la riorganizzazione della rete di vendita che porterà alla valorizzazione degli investimenti già effettuati con la creazione delle nuove piattaforme logistiche in Usa e Cina».