(Autore: Andrea Greco – La Repubblica)
La vigilanza l’8 agosto critica le gestioni 2011-13 in vendita prodotti troppo complicati per i clienti. L’azienda: “A settembre il cda con i primi rimedi”
Altolà di Consob a Poste Italiane. Un’ispezione durata mesi sul più capillare distributore di prodotti finanziari (13mila sportelli) ha rivelato critiche e irregolarità, e imposto al cda di studiare «dedicate e tempestive iniziative correttive». L’azienda replica che il cda del 16 settembre ha deliberato le prime azioni chieste dalla vigilanza, come profilare la clientela e rimodulare gli incentivi commerciali alla rete. Il programma di lavoro è stato inviato a inizio ottobre in Consob; ma dati i rilievi sono probabili strascichi sanzionatori a breve. Simili critiche e correttivi Consob li chiese nel 2010 alle principali banche italiane, di cui la quotanda pubblica è ormai un temuto rivale.
Il procedimento 20638/14 della Divisione intermediari, di una ventina di pagine dell’8 agosto 2014, stigmatizza le pratiche commerciali e distributive 2011-2013, quand’era ad Massimo Sarmi: vendite di prodotti in conflitto di interesse con la rete BancoPosta, strutture commerciali pressate per raccogliere volumi e incentivi legati al budget, forme di marketing scorrette, poche e ottimistiche profilazioni di clienti che permettevano al 74,5% di essi di sottoscrivere strumenti complessi (come le opzioni certificates su sottostanti cartolarizzati). E dire che tra i 32 milioni di clienti del gruppo dovrebbe stare la parte più semplice dei rispar- miatori.
I «profili di attenzione» segnalati al cda Poste sono: il conflitto d’interesse tra BancoPosta e la holding Poste spa che stabilisce budget, tipi e volumi degli strumenti da vendere, «senza preventiva analisi di bisogni e caratteristiche dei clienti». L’aver fissato obiettivi «in funzione delle esigenze delle società prodotto, con una gamma di prodotti strutturalmente esigua, ha privato l’investitore di alternative»: nel 2013 il 93% degli investimenti erano polizze vita e fondi comuni, con soli tre bond di terzi riservati a clienti che portavano nuova liquidità. «La centralità degli interessi della società è emersa dal ruolo di Poste spa in vari buyback su bond terzi»: come i tassi fissi di Barclays e Credit Suisse, per cui Poste spa incassava commissioni «rivelando, anziché svolgere il ruolo neutrale asserito nelle lettere ai clienti e alla Consob, un rilevante conflitto d’interessi».
Altro problema, «il costante e penetrante controllo delle performance di rete, tramite vari monitoraggi dei risultati e forme di pressione per raggiungere i budget». Un controllo con commenti comparativi e toni pressanti: come nelle mail di Pasquale Marchese, capo Funzione mercato privati: «Forse non mi sono spiegato: vanno fatti i numeri che abbiamo assegnato singolarmente a ognuno di voi come obiettivo trimestrale!». Il correlato metodo di incentivi della rete è fatto «su obiettivi quantitativi di breve, anziché qualitativi e virtuosi», e fa dire a un capo: «Gli uffici che hanno raggiunto l’incentivo si sono fermati, chi sa di non farcela si risparmia per il periodo successivo». Tali consigli spesso producono «disinvestimenti anticipati rispetto alle scadenze durante i nuovi collocamenti», con più costi ai clienti e più commissioni alla società. Ultima doglianza le profilature del rischio cliente, cardine della Mifid. A fine 2013 solo 330mila clienti erano profilati contro 900mila aventi diritto. Tre quarti dei clienti Bancoposta «sono concentrati sui tre livelli più alti di esperienza e conoscenza»: ma le verifiche Consob su alcuni sottoscrittori di polizze index e bond hanno evidenziato che «il 91% dei clienti con istruzione media inferiore si posiziona nelle tre classi più alte, e oltre l’80% degli ultrasettantenni presenta orizzonte di investimento oltre 7 anni».