Opinione della Settimana

Il welfare privato seduce «solo» il 6% delle aziende

Welfare personale (2) Imc(Autore: Francesco Prisco – Il Sole 24 Ore)

Il welfare privato seduce ancora poco. Almeno qui da noi: solo il 6% delle aziende italiane eroga benefit del segmento gratificazione del personale, il 3% servizi legati a salute e benessere e l’1% legati al tema della mobilità. A rivelarlo uno studio che Sodexo Benefits & Rewards Services, costola del gruppo Sodexo, leader mondiale nelle soluzioni per la qualità della vita, ha condotto su un campione di 4.010 aziende. Il 56% del campione ha risposto sul tema della gratificazione, ma solo il 6% eroga effettivamente servizi di questo tipo. Alla domanda su quali siano i servizi erogati, le risposte si sono orientate su due macro aree: incentivazione e regalistica. In tema salute e benessere solo il 28% delle aziende ha risposto, ma ancora più bassa (3%) è la percentuale di soggetti che eroga servizi di questo tipo. Sulla mobilità risponde il 6% del campione, con il dato dell’effettiva erogazione di servizi che scende all’1 per cento.

Motivi? Ce ne sono diversi: dall’assenza di budget (vale per il 40% per le piccole imprese e il 30% delle big) al fatto che «non se ne avverte il bisogno» (oltre il 45% delle piccole imprese e un 35% per le big), senza contare un 10% di soggetti produttivi che non riconosce il tema del benessere come asset strategico per il welfare aziendale. «Sicuramente – spiegano da Sodexo – influiscono la complessità percepita del nostro quadro normativo legato al settore del lavoro, la presenza dei contratti collettivi e le relazioni sindacali, l’eterogeneità e l’evoluzione dei bisogni dei dipendenti nel corso della loro vita professionale, i budget limitati che non permettono aumenti di stipendi e flessibilità contrattuale». Emerge la necessità di un approccio più semplice ai temi del welfare privato, magari sfruttando il potenziale della normativa attuale (articoli 51 e 100 del Testo unico imposte sul reddito), tramite l’erogazione di benefit fortemente legati alle necessità quotidiane dei dipendenti. Benessere e mobilità rappresentano sicuramente due aree importanti a livello di possibili servizi da erogare al dipendente, oltre all’alimentazione, già coperta in molti casi dal buono pasto. Quest’ultimo è un benefit efficace che consente una serie evidente di vantaggi sia all’azienda, sia al dipendente: aumenta il salario netto di 1.100 euro, non grava sull’imponibile e per l’azienda ed è deducibile al 100 per cento. Nonostante questo, ha ancora un indice di penetrazione basso rispetto al suo potenziale: circa il 20,5% sul totale mercato.

Tra le imprese più attive sul mercato c’è Qui! Group, leader nel settore dei titoli di servizio, dei sistemi di pagamento e dei programmi di fidelizzazione a beneficio di dipendente e famiglia. Parlano i numeri: 100 milioni di buoni emessi ogni anno. In un segmento, quello dei buoni pasto, che fattura circa 3 miliardi l’anno, con 500 milioni di buoni in circolazione e oltre 2,5 milioni di utilizzatori. Ultima nata in casa Qui! Group è proprio Welfare Company, prima azienda italiana, quella guidata da Gregorio Fogliani, specializzata in soluzioni di welfare 2.0 che ha sviluppato il portale, My Welfare, per la gestione dei piani di flexible benefit: buono acquisto, voucher scuola, buoni bebè, voucher mobilità e altre soluzioni basate su Card, Voucher, e-couponing e altri innovativi servizi. MyCard, è invece la prima carta sconti nazionale «tax free» dedicata ai piani di welfare aziendale delle Pmi. Uno strumento che garantisce un maggiore potere d’acquisto ai dipendenti e sconti, tra il 5 e il 30%, presso i locali convenzionati. «L’approccio al piano di welfare aziendale – spiegano da Qui! Group – molto ben strutturato nelle grandi imprese che possono contare su Direzioni dedicate e figure di coordinamento come il Welfare Manager, nel caso delle pmi necessita di un maggiore “accompagnamento” e in questo caso decisiva è l’attività di supporto gestionale e consulenziale offerto dalle agenzie di welfare». Un mercato potenziale ci sarebbe: come dimostra uno studio di McKinsey & Company il tema è molto caro ai dipendenti, con un’alta percezione che si traduce sia in maggiore produttività che in aumento del senso di appartenenza verso l’azienda. Provare per credere.

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