(Autori: Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone – Quotidiano del Lavoro)
Firmata l’intesa tra Lavoro, Economia e Abi per finanziare le aziende fino a 49 addetti che non versano alla Tesoreria. Doppia certificazione Inps per accedere al prestito: sulle caratteristiche dell’impresa e sugli importi da erogare. Oltre al tasso di interesse applicato al prestito sono dovuti oneri fiscali e notarili
I ministri del Lavoro e dell’economia hanno firmato con l’Associazione bancaria italiana l’accordo quadro che prevede il finanziamento della Quir (quota integrativa di retribuzione) assistito da garanzia a cui potranno accedere le aziende che occupano meno di 50 dipendenti e che non sono tenute al versamento del Tfr al Fondo di tesoreria Inps (le due condizioni devono coesistere).
Secondo quanto stabilito dall’intesa, le aziende interessate, per accedere al prestito dovranno ottenere dall’Inps due certificazioni: la prima che si riferisce alle caratteristiche aziendali volta a individuare se l’impresa può accedere o meno al finanziamento; la seconda è tesa ad attestare il Tfr mensile oggetto del prestito. Occorrerà, inoltre, una visura camerale per verificare che l’azienda non si trovi in una situazione di difficoltà che precluda l’accesso al finanziamento.
Sulla scia di quanto disposto dal Dpcm 29/2015, l’accordo ribadisce che la restituzione del prestito dovrà essere effettuata, in unica soluzione, entro il 30 ottobre 2018. Questo significa che se i datori di lavoro non spunteranno con la banca delle condizioni più favorevoli nel contratto di finanziamento (l’elenco degli istituti aderenti all’iniziativa sarà pubblicato sul sito dell’Abi), l’azienda potrebbe essere chiamata a restituire, in un’unica soluzione, quanto ricevuto nel periodo di validità della Quir. Si pensi a un’azienda che occupa 40 lavoratori con una retribuzione media procapite di 1.500 euro lordi (imponibile Tfr) corrisposta per 13 mensilità. Trenta dipendenti fanno domanda per la monetizzazione del trattamento di fine rapporto e, espletate tutte le relative pratiche, il pagamento della Quir (con finanziamento) inizia nel mese di luglio. Ogni mese l’impegno finanziario sarà pari a circa 3.110,00 euro. Alla fine dell’intero periodo, ammesso che nessun rapporto sia cessato, la Quir complessiva corrisponderà a circa 121.225,00 euro.
Secondo le attuali disposizioni, se non sarà previsto diversamente, fatti salvi particolari casi specifici, il finanziamento dovrà essere rimborsato dal datore di Lavoro in un’unica soluzione alla data del 30 ottobre 2018. Dunque l’azienda, o per autonoma scelta ovvero perchè si trova in difficoltà economica tale da non poter pagare la Quir mensilmente (3.110,00 euro), alla fine del periodo interessato potrebbe essere chiamata a restituire alla banca oltre 121.000 euro più altri costi in un colpo solo.
Sulla base di quanto previsto dalla legge di stabilità 2015, gli interessi sul finanziamento (comprensivi di ogni altro onere), non potranno mai essere superiori al tasso di rivalutazione del Tfr. È previsto anche che il tasso possa essere fisso, a condizione che lo stesso non superi l’1,5%, ovvero la componente fissa del tasso di rivalutazione del Tfr stabilita dall’articolo 2120 del codice civile. L’accordo precisa che nel conteggio sono tenute fuori le spese notarili e gli oneri fiscali, nonché i costi che il datore di lavoro deve sostenere per acquisire la documentazione necessaria per l’erogazione del finanziamento (per esempio le visure camerali).
Se il datore di lavoro non pagherà nei termini previsti, interverrà il nuovo Fondo di Garanzia che opererà in seno all’Inps e l’azienda si ritroverà il debito nei confronti dell’istituto, gravato dalle sanzioni civili.
Per espressa previsione del Dpcm 29/2015, tuttavia, la situazione debitoria non pregiudicherà il rilascio del Durc. L’Inps, comunque, potrà perseguire il datore di lavoro avvalendosi della formazione dell’avviso di addebito con titolo esecutivo e di ogni altro strumento di riscossione previsto dalle disposizioni di legge.