(Autore: Roberto E. Bagnoli – Iomiassicuro.it)
Parte domani (in ritardo) l’operazione Tfr in busta paga. A partire dal 3 aprile, i dipendenti privati potranno richiedere di incassare subito la liquidazione (il 6,91% della retribuzione lorda) che matureranno fino al 30 giugno 2018. L’operazione, prevista dalla legge di Stabilità 2015 per sostenere i consumi, dev’essere valutata con molta attenzione, perché è irreversibile e penalizzante dal punto di vista fiscale e previdenziale. Il via definitivo è stato dato da un decreto del Presidente del consiglio (pubblicato nei giorni scorsi sulla Gazzetta ufficiale), che stabilisce le regole da seguire. L’operazione avrebbe dovuto durare quaranta mesi (da marzo 2015 a giugno 2018), ma il ritardo della pubblicazione del decreto attuativo ha determinato lo slittamento. Per chi presenterà la domanda ad aprile, l’erogazione della Quir (Quota integrativa della retribuzione), e cioè la quota mensile di Tfr in busta paga, scatterà a maggio, quindi con due mesi di ritardo rispetto al calendario. La prima liquidazione avverrà invece ad agosto per i dipendenti delle aziende con meno di cinquanta addetti che accedono al finanziamento assistito da garanzia. In questi casi, in pratica, anche successivamente se saranno versati i mesi arretrati, si creerà una disparità di trattamento fra i lavoratori nei tempi di liquidazione della Quir.
Avranno diritto di richiederla tutti i lavoratori dipendenti del settore privato (non gli statali, che non hanno un vero e proprio Tfr), in possesso di anzianità aziendale di almeno sei mesi. Sono esclusi:
- lavoratori domestici;
- lavoratori agricoli;
- dipendenti da aziende sottoposte a procedure concorsuali, oppure che abbiano iscritto nel registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento;
- dipendenti da datori di lavoro autorizzati alla Cig straordinaria o in deroga (per quelli in forza all’unità produttiva interessata).
Se scattassero in una fase successiva alla domanda, queste situazioni determinano il blocco nella liquidazione. Per richiedere il Tfr in busta paga bisogna far domanda al proprio datore di lavoro attraverso l’apposito modello. L’eventuale iscrizione alla previdenza integrativa non preclude l’accesso. In questo caso, precisa il decreto, durante il periodo è sospesa l’eventuale corresponsione del Tfr al fondo complementare, che però continuerà a ricevere gli eventuali contributi aggiuntivi in carico ai lavoratori e all’azienda. Una volta fatta, la richiesta per la Quir non è più revocabile. Il lavoratore non potrà avere ripensamenti fino al 30 giugno 2018 salvo il caso, ovviamente, di risoluzione del rapporto di lavoro (dimissioni, licenziamento, ecc.). Il Tfr in busta paga sarà soggetto a tassazione ordinaria, quindi un regime decisamente più penalizzante rispetto a quella separata che si applica sul Tfr alla fine del rapporto di lavoro o all’aliquota prevista per quello conferito ai fondi pensione. La busta paga resa più ricca dal Tfr avrà effetti negativi anche sul reddito ai fini dell’Isee (l’Indicatore della situazione economica equivalente) che serve per numerose prestazioni sociali, fra cui le tasse universitarie. Inoltre l’incremento avrà un effetto negativo sui minori sgravi fiscali che si potranno ottenere. Il versamento del Tfr in busta paga non avrà invece conseguenze sulla possibilità di ricevere il bonus da 80 euro. Per valutare tutti i pro e i contro si può consultare lo speciale dedicato al Tfr in busta paga.