(di Paolo Grosso – La Prealpina)
Assicuratrice alla sbarra a gennaio. Le vittime in cerca di risarcimento sono 44
Due vittime sono state risarcite e non parteciperanno alle udienze. Mentre altri 44 truffati ci saranno e saranno parti civili. Sarà quindi un processo decisamente affollato quello che si aprirà davanti al Tribunale di Varese il prossimo 11 gennaio: alla sbarra, accusata appunto di una lunga serie di truffe aggravate, ma anche di falso, sostituzione di persona e utilizzo indebito di carta di credito, G. T., 48 anni, agente assicurativo che aveva un ufficio in via Morosini a Varese e uno anche a Castronno, entrambi legati alla Milano Assicurazioni della Fondiaria Sai (società che non hanno nulla a che fare con le presunte truffe in serie contestate alla donna). Il rinvio a giudizio è stato chiesto ieri dal pubblico ministero Sabrina Dìtaranto, che ha coordinato un’indagine della Guardia di Finanza, e il giudice delle udienze preliminari Alessandro Chionna l’ha disposto. Il processo chiarirà così in tutti i suoi dettagli, almeno per quanto riguarda il primo grado di giudizio, una vicenda indubbiamente complessa, e quindi le responsabilità dell’assicuratrice in relazione a ogni singolo capo d’imputazione, responsabilità che l’imputata naturalmente contesta.
Sulla base di quanto appurato dall’inchiesta, c’era il cliente che andava nell’agenzia di via Morosini e stipulava ad esempio una polizza vita, versando poi quanto dovuto. Oppure un altro che decideva di risparmiare e aderiva a un piano di accumulo che prevedeva il versamento regolare di piccole somme di denaro. Tutto normale, solo che a un certo punto quegli stessi clienti avrebbero scoperto che la polizza stipulata era solo un pezzo di carta e che i soldi versati erano spariti nel nulla. O che il piano di accumulo esisteva anch’esso solo sulla carta, e delle quote versate si era persa ogni traccia.
Del caso il sostituto procuratore Ditaranto e la Guardia di Finanza di Varese si sono occupati dall’autunno del 2011. In sostanza, secondo gli inquirenti, T., assicuratrice per tradizione familiare, avrebbe più volte sfruttato la buona fede dei suoi clienti, che in diversi casi erano anche amici o lo erano diventati grazie all’apparente generosità e disponibilità dell’agente. In questo modo i clienti non guardavano con particolare attenzione ai rendiconti e si sarebbero verificati casi di polizze firmate a nome del beneficiario dalla stessa T., che poi si sarebbe direttamente intascata i premi. Nonché casi, come detto, di finanziamenti aperti con i dati di carte di credito di altre persone che poi venivano “finanziati” con altri finanziamenti aperti allo stesso modo. Tutto iniziò con la denuncia di una coppia di clienti che pensavano di aver stipulato una polizza ma scoprirono poi a Milano di essere sconosciuti alla compagnia. Che mandò allora un ispettore a Varese e chiuse l’agenzia.