(di Maurizio Caprino – Il Sole 24 Ore)
Ogni volta manca qualcosa. Le novità per gli automobilisti arrivano a getto pressoché continuo, ma ognuna richiede riforme organiche, rifiniture o dettagli attuativi che si vedranno solo in un secondo momento, se mai si vedranno. L’attuale tornata di novità – in vigore e in corso di approvazione – non solo non fa eccezione, ma aggiunge un ulteriore elemento: l’innovazione di una procedura di cui si è appena disposta l’abolizione.
Sta accadendo con la dematerializzazione del certificato di proprietà, scattata lunedì scorso. Ossia un paio di mesi dopo che la riforma Madia ha disposto l’abolizione del Pra, l’ente che emette il certificato di proprietà. Un’operazione tentata varie volte negli ultimi vent’anni. Anche dall’attuale governo, che però l’anno scorso si era fermato. Poi si dice che l’abbia fortemente voluta il premier Matteo Renzi in persona. Cosa che non ha impedito che lo stesso Renzi twittasse i suoi complimenti e incoraggiamenti al Pra per la dematerializzazione del certificato di proprietà.
Trascuratezze dello staff che cura il profilo Twitter di Renzi? Decisione strategica del premier per indorare la pillola da far ingoiare all’Aci, che gestisce il Pra ricavandovi buona parte delle sue risorse? Prima fase di una retromarcia precipitosamente decisa perché sono arrivate pressioni o si teme una battaglia giudiziaria o, ancora, si è valutato che inglobare nella pubblica amministrazione in senso stretto i dipendenti del Pra costa troppo? Non si sa.
Per adesso, le uniche cose certe sono due: che avremo un documento unico al posto degli attuali carta di circolazione e certificato di proprietà e che servirebbe chiarezza sulle reali intenzioni del presidente del Consiglio e del ministro competente, Graziano Delrio.
La stessa chiarezza sarebbe necessaria nell’iter della legge delega di riforma del Codice della strada, che sta per tagliare il traguardo dei due anni senza che ci siano state accelerazioni decisive. Tranne quelle annunciate ogni volta che qualcuno ha fatto notare che la trattazione parlamentare si era di fatto impantanata.
Così continuiamo ad andare avanti con modifiche estemporanee, come l’emendamento al Ddl concorrenza che sblocca i controlli automatici sull’obbligo di Rc auto. Controlli previsti per la prima volta quattro anni fa, ma con una norma formalmente errata, tanto da essere cambiata pochi mesi dopo con un’altra anch’essa sbagliata. Sono seguiti tre anni in cui si sapeva come rimediare, ma nessuno ci riuscisse.