Opinione della Settimana

Oltre la Fornero: Flessibilità e giovani, patto tra generazioni

Passaggio generazionale (3) Imc(di Alberto Brambilla, presidente Itinerari Previdenziali – Corriere Economia)

La proposta: Superare le rigidità e aiutare l’occupazione. Età di uscita elastica con penalizzazioni fino al 15%. Contributo per finanziare l’esodo e creare nuovi posti

Più flessibilità per chi vuole andare in pensione? Ecco un percorso che consentirebbe di rendere il sistema previdenziale meno rigido, senza aumentare il debito, ma finanziato proprio dalle vecchie generazioni che più hanno beneficiato del sistema previdenziale. Come? Un’ipotesi è un contributo di solidarietà sulle pensioni calcolate con il sistema retributivo per finanziare il pensionamento anticipato di chi ha perso il lavoro sopra una certa età, oltre che per sostenere l’occupazione dei più giovani. E delle donne.

L’idea

La riforma Fornero delle pensioni ha generato una serie di rigidità che sono poco sostenibili sia oggi sia in futuro; tuttavia qualsiasi modifica necessita di coperture essendo i risparmi (quand’anche assurdi come nel caso degli esodati) ormai contabilizzati.

Considerando che le rigidità riguardano entrambi i canali di uscita e cioè l’anzianità contributiva e l’età di pensionamento, tutte e due indicizzate alla speranza di vita, si deve intervenire «chirurgicamente» per risolvere almeno le situazioni più gravi tenendo tuttavia conto che le rendite sono pagate dai contributi versati nell’anno (sistema a ripartizione) quindi occorrono più occupati. Ciò implica l’impossibilità di allargare troppo le opzioni di uscite anticipate, considerando l’allungamento costante dell’aspettativa di vita giunta a 84,9 anni per le donne e 80,2 per i maschi.

Inoltre se si vogliono aumentare sviluppo, consumi e quindi il Pil occorre un incremento dell’occupazione, indispensabile per sostenere il sistema previdenziale.

In Italia il tasso di occupazione totale è del 55,5% (nel Nord Europa siamo oltre il 73%; peggio di noi fanno solo Grecia e Croazia), mentre quello femminile è al 46,5% (ultimo posto) e quello dei giovani tra 15 e 24 anni al penultimo posto davanti alla Grecia). Come procedere? Andiamo per sintesi:

  1. eliminazione dell’indicizzazione dell’anzianità contributiva alla speranza di vita, poco equa e costituzionale (in futuro occorrerebbero oltre 45 anni di lavoro per andare in pensione) consentendo la quiescenza con 41-41,5 anni di anzianità contributiva indipendentemente dall’età (si risolverebbe così anche l’annoso problema dei «precoci») per uomini e donne, con costi più che sostenibili;
  2. reintrodurre la flessibilità Dini sul modello della proposta Damiano/Baretta, tra i 63 (con 35 anni di contribuzione di cui massimo 2 figurativi) e i 70 anni con correttivi attuariali. Si potrebbe mettere come baricentro l’età di 67 anni, oppure i 41,5 anni di contribuzione, applicando alcuni correttivi (vedi tabella 1 sottostante) per la parte di pensione calcolata con il metodo retributive e i coefficienti di trasformazione di cui alla tabella 2, per la parte di pensione calcolata con il metodo contributivo. In totale la rendita si ridurrebbe, al massimo con 4 anni di anticipo e 35 anni di contributi, di una somma variabile tra il 12% e il 15%. Poiché nell’immediato si creerebbe un costo dovuto a mancate entrate e uscite anticipate (si prende la pensione 4 anni prima e si smette di versare i contributi con 4 anni di anticipo), questo provvedimento potrebbe inizialmente essere indirizzato ai lavoratori con gravi problemi di occupazione o «esodati». Se questi si impegneranno a fare lavori utili alla collettività potrebbero recuperare parte delle riduzioni con il «supplemento di pensione» maturato in funzione del lavoro prestato, sul quale gli enti verserebbero la contribuzione sociale; Forbici previdenziali (Fonte Itinerari Previdenziali - Corriere Economia 12.10.2015) Imc
  3. per le donne varrebbero le medesime condizioni ma con uno «sconto» di 9 mesi (è una mera ipotesi) per ogni figlio con un massimo di tre. In pratica potrebbero lasciare il lavoro con le medesime riduzioni ma tra i 9 e i 27 mesi di anticipo d’opzione donna con il contributivo a 57 anni è troppo penalizzante).

Occupazione

Prima di pensare alle coperture dobbiamo aumentare il numero degli occupati e il rapporto attivi-pensionati (oggi gli attivi sono 22,425 milioni e i pensionati 16,393 milioni, con un rapporto pari a 1,368) portandolo a 1,531 (con 24,5 milioni di attivi) e questo lo si può fare riducendo il costo del lavoro come previsto nel Jobs Act con la decontribuzione o un più etico credito d’imposta.

Risorse

Come finanziamo tutto ciò? Due possibili strade:

  1. prevedere per tutte le prestazioni in pagamento che l’indicizzazione ai prezzi sia pari al 90% per i prossimi 5 anni;
  2. impostare per 5 anni un contributo di solidarietà su tutte le prestazioni, anche assistenziali, generate dal metodo retributive. Il contributo che definiamo di «sostenibilità intergenerazionale» sarà, ad esempio, dello 0,5% sulle pensioni fino al minimo (circa 2,5 euro al mese) per arrivare a percentuali più consistenti al crescere degli assegni.

A seconda delle percentuali si potrebbero incassare tra i 5 e 7 miliardi l’anno per creare un «fondo per il sostegno all’occupazione degli under 29 e degli over 55» che ogni anno finanzi gli incentivi fiscali permanenti e modulati sia all’assunzione degli under 29 sia degli over 55 e per finanziare le flessibilità.

Probabilmente alla scadenza dei 5 anni il sistema diverrà autofinanziato e non necessiterà di altri versamenti a carico dei pensionati che avendo pagato la loro «polizza» per garantirsi la pensione, con la nuova occupazione generata potranno percepire di nuovo la prestazione per intero.

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