Opinione della Settimana

Previdenza complementare, vanno esclusi dal «bail in» i depositi dei fondi pensione

Euro - Banconote (2) Imc

(di Gianfranco Ursino – Plus24)

La regolamentazione di secondo livello dovrebbe entrare nei dettagli per evitare paradossali incertezze

Operatori, giuristi e risparmiatori sono in attesa di conoscere le istruzioni operative sul bail in, che saranno definiti con i decreti legislativi che il Governo dovrà emanare, insieme alla regolamentazione di secondo livello che sarà adottata Banca d’Italia e Consob. Ma le prese di posizione espresse dalle due authority di vigilanza e dall’Abi in settimana, nel corso di audizioni parlamentari e seminari istituzionali, evidenziano che non c’è unità di intenti su alcuni “dettagli” che forse sono alla base del ritardo degli attesi provvedimenti.

Il nuovo quadro normativo per la gestione delle crisi bancarie impostato a livello comunitario, che entra in vigore il 1° gennaio 2016, prevede un sistema articolato per prevenire stati di crisi e di utilizzare il bail in come estremo rimedio, salvaguardando il principio nessun creditore può subire perdite maggiori di quelle che avrebbe sostenuto ove l’ente fosse stato liquidato secondo una procedura ordinaria di insolvenza. L’obiettivo è di ridurre il rischio che vengano utilizzate risorse dei contribuenti per salvataggi di singole banche. L’onere del risanamento passa quindi dalla collettività agli azionisti e ai creditori della banca. Sarà possibile svalutare alcune categorie di crediti vantati nei confronti della banca, così come di convertirli in azioni, per soddisfare le esigenze di ricapitalizzazione, seguendo un ordine gerarchico. In primis è previsto l’azzeramento del capitale e delle riserve (perdite per gli azionisti) e, se necessario, è possibile svalutare o convertire degli strumenti aggiuntivi di capitale e delle altre categorie di debito subordinato; poi sarà possibile anche svalutare o convertire crediti non subordinati e non garantiti, per poi arrivare in teoria anche a utilizzare i depositi dei clienti eccedenti i 100mila euro. Infine sarà possibile utilizzare il Fondo nazionale di risoluzione, tenendo così indenni talune categorie di creditori, purché sia soddisfatta la condizione che azionisti e creditori abbiano assorbito le perdite per un ammontare pari almeno all’8% del totale passivo.

La direttiva 2014/59/Ue (Brrd) esclude invece già all’origine alcune categorie di crediti dal contributo alla risoluzione della crisi bancaria, come i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi fino a 100mila; le passività garantite come i covered bond, le disponibilità detenute in virtù di una relazione fiduciaria come per esempio il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli depositati in un conto apposito. Non cadono sotto la falce del bail in neanche i crediti degli enti previdenziali e quelli tributari, e i crediti da lavoro vantati dai dipendenti delle banche (retribuzione e benefici pensionistici), ad eccezione della componente variabile della retribuzione che non sia disciplinata da un contratto collettivo.

Un ordine gerarchico che viene messo in discussione dall’Abi e dalle stesse authority. Elke Koenig, a capo del Single resolution board, ha affermato che «la soluzione adottata al momento in Italia è complessa perché accomuna i derivati e le passività operative ai bond senior. La Germania, invece, sta andando nella giusta direzione». E intanto i tedeschi hanno siglato in settimana l’ennesimo accordo di salvataggio di banche con risorse pubbliche (bail out), ultima in ordine di tempo la Hsh Nordbank, prima dell’arrivo del bail in.

Con il bail in, quindi, il massimo privilegio di tutela è riservato a tutti i depositi fino a 100mila. Inoltre, in virtù della cosiddetta depositor preference, i depositi sopra-soglia di persone fisiche e piccole medie imprese potranno risultare indenni dalla procedura di risoluzione. Ma quando un’impresa è medio piccola? «Per la Brdd – ha precisato l’avvocato Davide Contini, dello studio legale Grimaldi intervenuto martedì a un convegno organizzato da Unione Fiduciariaper Pmi devono intendersi le aziende che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Tuttavia occorre considerare che in Italia viene definita medio-piccola un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro. La regolamentazione di secondo livello che sarà emanata deve entrare in questi dettagli per sciogliere ogni dubbio». E nel rispondere a un quesito proveniente dalla sala, Contini ha agginto che «partendo da un’analisi giuridica della norma, anche se occorre attendere come sarà sviluppata in seguito dalle authority, anche la liquidità depositata in banca dai fondi pensione complementari e preesistenti dovrebbe essere esclusa per via analogica dal bail in. Se il credito di lavoro e previdenziali sono tutelati, anche le somme versate su un fondo pensione è come se fossero disponibilità vincolate per i benefici pensionistici dei dipendenti». Tutti punti che se non definiti dalla disciplina di secondo livello potrebbero paradossalmente generare incertezza.

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