Opinione della Settimana

Balbinot: «Assicurazioni, inutile la vigilanza unica. Non c’è rischio sistemico»

Sergio Balbinot (7) Imc

(di Andrea Greco – Repubblica Affari & Finanza)

Il manager di Allianz e presidente della lobby europea (Insurance Europe, ndIMC): “Noi siamo diversi dalla banche e finora ben vigilati”. Il piano Juncker rivisto è “un passo nella giusta direzione, ma non basta per far confluire i premi nelle infrastrutture”

Oltre che consigliere di Allianz e responsabile dei suoi mercati nel Sud e Ovest Europa (dopo un trentennio ai vertici in Generali), Sergio Balbinot (nella foto) è presidente di Insurance Europe, la lobby degli assicuratori che vive una fase cruciale, a due mesi dall’entrata in vigore dei nuovi requisiti patrimoniali. Su cui da un decennio lavora la Commissione europea (Solvency 2) e che arriva in un momento particolare dei negoziati perché i colossi delle polizze sono chiamati a essere un pilastro del piano Juncker da 300 miliardi volto a rilanciare le economie del Vecchio continente.

Presidente Balbinot, dal 1° gennaio le assicurazioni europee saranno valutate con il parametro patrimoniale Solvency 2, ma le divergenze di calcolo tra i paesi possono essere grandi. Cosa accadrà?

«Solvency 2 è progettato per armonizzare i regimi di solvibilità in Europa. Mentre gli assicuratori ne completano l’implementazione, emergono diverse sfide. Tra queste, ulteriori requisiti nel suo recepimento negli ordinamenti nazionali, o le interpretazioni conservatrici di alcune vigilanze locali. In molti casi questo può creare problemi, specie quando si chiedono agli assicuratori nuovi requisiti in un tempo molto breve».

Come visto per Delta Lloyd in Olanda, c’è ancora discrepanza tra soglie di legge, richieste dei controllori e auspici del mercato. Come vi regolerete?

«Uno degli obiettivi di Solvency 2 è aumentare la trasparenza pubblica, benché la vigilanza avrà molte più informazioni. Presto il mercato avrà molti più dati sulle compagnie».

Anche l’Ivass ha ammesso che Solvency 2 è troppo complessa. Come semplificarla?

«In effetti Solvency 2 ha una cornice complessa, con oltre 3.000 pagine per descriverla. La nostra priorità è completare l’attuazione. Circa le semplificazioni, ritengo che nell’immediato andrebbe garantito il principio di proporzionalità della norma, che permetterebbe alle compagnie più piccole e semplici di adeguarsi in modo semplificato: ma si sta rivelando un problema per loro ottenere gli specifici nulla osta. Più avanti, nei processi di revisione di Solvency 2, si dovrà cercare di semplificarne l’architettura».

Si dice che gli assicuratori abbiano trattato a Bruxelles la mitigazione di Solvency 2 (con “sconto” sul patrimonio allocato in infrastrutture) conia disponibilità a mettere soldi nel piano Juncker. Che ruolo giocherete?

«Le assicurazioni, che con quasi 10mila miliardi di euro di attivi sono il primo investitore istituzionale europeo, accolgono con favore il piano. Molte compagnie sono pronte a investire di più nelle infrastrutture, che possono avere caratteristiche adeguate di rischio, diversificazione e rendimento a lungo termine. Siamo tra i pochi investitori in attivi illiquidi, detenendo passivi a lungo termine. Il piano Juncker permette di affrontare due problemi: sul lato dell’offerta, perché non c’erano abbastanza progetti su cui investire, su quello normativo, dove Solvency 2 ha creato ostacoli significativi. La proposta della Commissione di una classe di infrastrutture con riduzioni di capitale allocato è un passo nella giusta direzione: ma temiamo non sarà sufficiente, e bisognerà fare di più nella revisione di Solvency 2».

Oltre all’Ue, c’è anche il Financial stability board che studia criteri più stringenti per le compagnie “sistemiche” (tra cui Allianz e Generali). Vi sentite nel mirino come le banche?

«Vorrei precisare che l’assicurazione tradizionale non ha rischi sistemici: un concetto che purtroppo è stato esteso anche al nostro settore. Gli assicuratori sono molto ben controllati in Europa e nella maggior parte delle giurisdizioni del mondo. Penso ci si debba concentrare su meccanismi forti di monitoraggio interno e supervisione nei maggiori gruppi, valutandone l’adeguata gestione interna dei rischi. Invece sembra che il focus sia sullo sviluppo di nuove misure sul capitale, che chiamano altro capitale».

Non è che i lavori in corso su Solvency 2 e sui rischi sistemici preludono all’avvento di una “vigilanza unica assicurativa”, tipo quella bancaria?

«Non ne vediamo la necessità in questa fase: la vigilanza sugli assicuratori si è dimostrata appropriata. Con Solvency 2 avremo un quadro europeo molto sofisticato, da attuare con la giusta attenzione. Anche in futuro, prima di considerare una vigilanza unica, ne andrà individuata e spiegata una chiara motivazione, perché il razionale dell’Unione bancaria non si applica alla nostra industria. Comunque un controllo a livello Ue non dovrebbe ricalcare quello bancario: i due settori hanno importanti differenze. Penso che gli esiti e le lezioni dal progetto di Unione bancaria andranno valutati con cura prima di estenderla ad altri settori».

Quali sono i peggiori rischi emergenti per gli assicuratori, oltre quelli tipici dell’industria? Rischi di mercato, rischi di credito, altro?

«L’assicurazione è un business molto vario e così variano i suoi rischi. Un punto di attenzione è che Solvency 2 tende a enfatizzare il “rischio spread”. Tuttavia, pochi assicuratori vi sono esposti: in realtà sono esposti ai rischi di default, che sono di tipo molto inferiore».

I tassi più bassi della storia minano la redditività di molti assicuratori: cosa fa Insurance Europe a riguardo?

«Tassi bassi per un periodo prolungato sono chiaramente una sfida e vi sono diverse azioni che le aziende stanno attuando. In primo luogo, cercare investimenti che forniscano un livello adeguato di rischio/rendimento alle condizioni di mercato attuali; comprese le infrastrutture. Inoltre, si stanno abbassando i rendimenti delle polizze garantite, e in alcuni casi si riprogettano i prodotti. Infine si sta ottimizzando la gestione di attività e passività».

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