(Fonte: Borsa Italiana / Il Sole 24 Ore Radiocor – #2 – #3)
Per Paese alto rischio sistema finanziario e legalità. Nel 2016 combined ratio danni a 95-96% (93,1% in 2014), premi ramo +1-3%. Nel vita RoA 0,5-0,6% in 2015-16. Crescita premi più lenta
Standard and Poor’s considera “moderato” il rischio per i settori danni e vita dell’assicurazione in Italia. La valutazione riflette i rischi con cui le compagnie si confrontano e deriva anche dal “rischio Paese moderato” dell’Italia. S&P rileva in particolare che le compagnie vita “sono sensibili al rischio domestico” perché detengono in Italia larga parte dei loro investimenti. Il rischio Paese è “moderato” – spiega l’agenzia – di riflesso alle deboli prospettive di crescita economica, all’elevato rischio del sistema finanziario che deriva dalle condizioni in cui operato il settore bancario italiano, come pure ad alto rischio vengono considerate la cultura di pagamento e della legalità. D’altro canto il settore assicurativo italiano trae supporto dalla ricca e diversificata economia italiana e dalla posizione relativamente forte negli investimenti internazionali rispetto ai Paesi con rating ‘BBB’. Il Governo inoltre sta gradualmente attuando varie importanti riforme.
Nel caso dell’assicurazione danni il giudizio di rischio “intermedio” risulta da un mix di considerazioni che vanno da una redditività neutra, un rischio prodotto negativo, una valutazione positiva delle barriere all’accesso al mercato, prospettive neutre di crescita del mercato e una struttura istituzionale intermedia. Nel caso dei rami vita, la valutazione di rischio “intermedio” riflette giudizi analoghi con l’unica differenza che il rischio prodotto è ritenuto “neutro”.
Andando al dettaglio dei settori, S&P ritiene che la redditività del danni in Italia sia adeguata, con un combined ratio previsto al 95-96% nel 2016 (in peggioramento dal 94-95% del 2015 e dal 93,1% del 2014) che dovrebbe tradursi in un Roe del 7-10% in linea con la maggior parte dei Paesi europei di pari livello. L’agenzia ritiene che il segmento abbia raggiunto il ‘top’ della redditività nel 2014 e si avvii a un modesto peggioramento causato dalla lenta crescita dei premi, dal continuo calo dei prezzi, dall’aumento della concorrenza e da un prevedibile aumento delle richieste di risarcimento per effetto della ripresa del traffico, delle vendite di auto e del Pil. Inoltre il costo medio dei danni resta relativamente alto. I rischi sul prodotto sono alti data l’imprevedibilità dei risarcimenti, particolarmente nell’Rc auto che rappresenta il 49% dei premi, che spesso porta alla rivalutazione delle riserve per incidenti di anni precedenti, anche a causa della lentezza del sistema giudiziario italiano. L’Italia inoltre non ha chiare tabelle per i danni fisici approvate per legge, ma si basa sulle tabelle dei tribunali e sull’interpretazioni caso per caso. Resta poi alto il livello di truffe, particolarmente nelle aree urbane del Sud. Gli assicuratori hanno d’altro canto adottato misure ad hoc che hanno portato a significativi miglioramenti. L’Italia ha tra l’altro la maggiore percentuale di auto dotate di scatola nera (circa il 15% dei veicoli assicurati). Il rischio catastrofi naturali in Italia è valutato come “intermedio”.
Sul fronte dei premi, S&P stima un calo dell’1-2% nel 2015 e una ripresa dell’1-3% nel 2016. A fronte di una raccolta premi pari al 2,1% del Pil nominale, nel 2014, secondo S&P l’Italia ha ancora un significato potenziale di crescita di lungo termine nel settore, considerando che la media europea è del 2,8%. L’agenzia ritiene poi basse le barriere legali e normative, ma valuta alte quelle operative data la struttura del mercato che è relativamente concentrato essendo per due terzi appannaggio dei 5 maggiori gruppi.
Dal punto di vista della struttura istituzionale l’agenzia assegna una valutazione intermedia alla sorveglianza, ora affidata all’Ivass, mentre resta ancora bassa la valutazione su base storica dovuta al caso Fonsai, “che ha evidenziato le insufficienze dell’Isvap”. Sul fronte della governance, S&P mette in rilievo la significativa riduzione delle partecipazioni incrociate e dei conflitti d’interesse che hanno vincolato gli assicuratori italiani in passato. L’Ivass, inoltre, “sta mettendo sempre più enfasi sull’esplicita responsabilità del cda nel definire l’appetito di rischio, il che è un incentivo per una governance sana”.
Passando all’assicurazione vita, S&P prevede un RoA (return on asset) dello 0,5-0,6% medio nel 2015-2016 contro lo 0,6% del 2014 e lo 0,73% del 2013. La previsione si basa su un’erosione dei margini dovuta ai minori tassi d’intersse, per quanto la riduzione dell’expense ratio e l’aumento della produzione di unit-linked dovrebbero mitigare tale effetto. Il Roe delle unit linked è atteso allo 0,8% il che le rende più redditizie delle polizze tradizionali. I rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine resta ben al di sopra dei tassi garantiti delle nuove polizze vita. Inoltre la quantità di plusvalenze latente accumulata dagli assicuratori italiani dà loro flessibilità finanziaria nel gestire la redditività. S&P valuta poi come neutrale il rischio di prodotto, precisando che c’è una buona corrispondenza tra attività e passività per la durata. Gli assicuratori italiani stanno ottimizzando la loro allocazione di capitale nell’attuale contesto di bassi tassi d’interesse e dall 2014 hanno per lo più eliminato i tassi minimi garantiti dalla loro offerta di prodotti. L’agenzia stima che i tassi medi garantiti sulle riserve vita siano diminuiti del 20-30% all’1,7% a fine 2014. Le compagnie restano per altro vulnerabili a potenziali ed improvvisi aumenti dei riscatti.
Sul fronte dei prospettive dei premi, S&P rileva che il mercato è stato molto volatile negli ultimi 10 anni a causa degli sviluppi economici e dei mercati dei capitali, delle mutate condizioni operative delle banche. Dopo il forte aumento del 2013 (+30%) e del 2014 (+30%), S&P si aspetta un rallentamento della crescita al +5-6% nel 2015. Il mercato per altro è maturo, considerando che i premi vita superano il 7% del Pil, un livello superiore alla media europea. Quanto alle barriere, come nel caso dell’assicurazione danni, quelle normative e legali sono basse, mentre sono alte quelle operative, visto che i cinque principali gruppi controllano il 60% del mercato.