(di Vitaliano D’Angerio – Plus24)
«Un mercato secondario di quote di Bankitalia non vuol dire che sarà un mercato necessariamente liquido. È ovvio che sulle azioni dell’istituto centrale non vi sono rischi; ma credo che vi sia bisogno di competenze ad hoc negli enti previdenziali e nei fondi pensione per effettuare investimenti in titoli non quotati e più in generale in asset alternativi». Andrea Arcangeli è dottore commercialista e senior associate dello studio legale internazionale Simmons&Simmons, esperto di regolamentazione di investimenti e fondi alternativi.
Concorda sul fatto che quello in Bankitalia è un buon investimento?
Assolutamente sì. Se però fosse l’azienda X o Y a emettere titoli non quotati, oppure quotati ma scambiati su un mercato poco liquido, a quel punto ci sarebbe bisogno di persone specializzate per valutare tale investimento.
In caso contrario?
Si rischierebbe di cadere in errori del passato emersi con il crack Lehman del 2008.
Parliamo di consulenza. Di recente sulla stampa inglese i fondi pensione britannici hanno chiesto alle authority una supervisione più rigorosa sui consulenti degli investitori istituzionali. È d’accordo?
A mio avviso, per i consulenti il conflitto di interessi deve essere assente o, se esiste, deve essere dichiarato. Ci deve essere una totale disclosure.
È sufficiente dichiararlo?
Deve essere poi il consiglio d’amministrazione dell’ente di previdenza della cassa o del fondo pensione a decidere se prendersi o meno il rischio di questo potenziale conflitto.
Passando al decreto investimenti sulle casse di previdenza, secondo lei arriverà a regime nel 2015?
Per me no. Se ne parlerà l’anno prossimo.