(di Roberto E. Bagnoli – Iomiassicuro.it)
Le rilevazioni dell’Istat sul costo della vita nel 2015, indicate in un decreto ministeriale dello scorso novembre, non registrano variazioni, per cui il prossimo anno, sulle rate mensili delle pensioni, non vi saranno i consueti adeguamenti. Fanno eccezione gli assegni entro i duemila euro (tre volte il minimo), cui verranno corrisposti gli aumenti ridotti relativi al recupero dell’inflazione del 2012-2013, il cui blocco deciso dalla riforma Fornero, è stato bocciato dalla Corte Costituzionale lo scorso mese di maggio. Vediamo di chiarire meglio.
La perequazione automatica. Le pensioni vengono rivalutate sulla base di un meccanismo ragguagliato al costo della vita. Per dar modo all’Inps di predisporre per tempo i mandati di pagamento, a fine novembre si fa una previsione sull’andamento dell’inflazione e se ne riportano gli effetti sui trattamenti, riservandosi un conguaglio a fine anno, in presenza del dato effettivo. In passato vi era sempre la necessità di un qualche adeguamento rispetto a un trend più elevato. Nel 2014, invece, l’inflazione è cresciuta meno del previsto: una circostanza inaspettata. Più semplicemente, nel corso del 2015 le pensioni hanno beneficiato di una rivalutazione dello 0,3%. Questa percentuale, applicata dallo scorso gennaio a titolo provvisorio, è stata invece ritoccata dall’Istat nella misura definitiva dello 0,2%. Logica vorrebbe che debba essere restituita la differenza dello 0,1% percepita in più nel corso di quest’anno: per le pensioni al minimo il recupero si aggira intorno ai 6 euro e qualche centesimo. Una rivalutazione “negativa” non si era mai verificata nel corso degli anni, non essendo neppure ipotizzabile. Si è resa quindi opportuna una sanatoria, contenuta in uno degli ultimi emendamenti apportati proprio dal Governo alla Legge di stabilità per il 2016. Tradotto in parole povere, a gennaio non vi sarà alcuna restituzione. Il tutto è rimandato al 2017.
I riflessi. In mancanza dell’intervento della Legge di stabilità, la riduzione dello 0,1%, avrebbe portato anche a un ritocco degli importi ufficiali del trattamento minimo delle pensioni e dell’assegno sociale. In questo caso, il trattamento minimo 2015 si sarebbe dovuto abbassare da 502,39 euro a 501,88 euro, mentre l’assegno sociale sarebbe sceso da 448,52 euro a 448,06 euro. Pochi centesimi di differenza, con scarso rilievo, ma sia il trattamento minimo sia l’assegno sociale costituiscono il metro ufficiale di riferimento in numerosi ambiti sociali, dalla previdenza alle assicurazioni, dall’assistenza sociale alle utenze, costringendo enti e cittadini a faticose rettifiche di programmi di calcolo e provvedimenti relativi al 2015.