Opinione della Settimana

Le famiglie «dedicano» più di un mese ai risparmi

Risparmio - Famiglie Imc(di Marco Biscella – Il Sole 24 Ore)

Nel 2008 il reddito non speso era pari a 18 giorni, oggi a 33. Il peso delle tasse locali: quest’anno serve una settimana in più per pagare imposte e contributi. Il totale di addizionali, tasse rifiuti e Imu è aumentato del 70%

Un mese di shopping in meno, una settimana in più per pagare imposte e contributi, il raddoppio della quota di reddito non speso in rapporto al reddito lordo che, tradotto in termini temporali, significa 33 giorni, anziché 18, dedicati al risparmio e alla previdenza integrativa. Se la spesa di una coppia con due figli fosse trasformata in un “calendario”, cioè in numero di giorni di lavoro necessari per acquistare beni e servizi dopo aver onorato i propri impegni con il fisco, questo sarebbe il “conto” pagato da una famiglia-tipo italiana dal 2008 a oggi, cioè negli anni di questa lunga crisi. E più o meno gli stessi effetti si registrano anche su un’altra famiglia-tipo, la coppia con un figlio.

A rilevarlo è il Consumer end day 2015, il “calendario della spesa” elaborato dal Centro studi Sintesi per Il Sole 24 Ore, che prova a scattare idealmente una foto sulle modalità d’impiego del reddito delle famiglie italiane (imposte, consumi, risparmio).

Calendario della spesa 2015 (il Sole 24 Ore 28.12.2015) Imc

La simulazione sulle due tipologie di nuclei familiari prevede che entrambi i coniugi abbiano mantenuto i rispettivi posti di lavoro e siano ciascuno percettore di un reddito leggermente al di sopra dei 26mila euro annui, soglia oltre la quale non è previsto il bonus degli 80 euro. Il reddito lordo familiare, dato dalla somma tra l’imponibile previdenziale e gli assegni familiari, è stato calcolato per il 2008 (53.105 euro per la coppia con un figlio e 55.612 per quella con due figli in base alle statistiche Istat) e proiettato al 2015 (rispettivamente 59.895 e 62.698 euro) attraverso l’indice delle retribuzioni contrattuali per dipendente (+12,8% nel periodo preso in esame). Per l’ammontare complessivo delle imposte (Iva e accise sui carburanti escluse, perché rientrano tra le spese per consumi), si è invece tenuto conto – utilizzando valori medi – di Irpef, contributi previdenziali, addizionali Irpef regionale e comunale, Tarsu 2008 e Tari 2015, Tasi 2015. E quanto alle spese per consumi (dove non vengono considerate quelle per investimenti, tipo l’acquisto di immobili), l’importo per il 2015 è stato stimato sulla base dei dati relativi al 2014, opportunamente corretti con l’indice Nicper capitolo di spesa relativo ai primi undici mesi dell’anno. Con un’avvertenza: «Lo scorso 8 luglio – sottolinea l’indagine del Centro studi Sintesi – l’Istat ha diffuso i dati sui consumi delle famiglie per l’anno 2014 calcolati utilizzando una nuova metodologia d’indagine e fornendo altresì una ricostruzione della serie storica nel periodo 1997-2013. Tuttavia si è deciso di non modificare i valori di spesa relativi all’anno 2008, sia alla luce delle particolari finalità del Consumer end day, sia perché la nuova serie non fornisce i necessari dettagli di spesa per le tipologie “coppia con 1 figlio” e “coppia con 2 figli”».

Dai dati del Consumer end day 2015 a colpire subito, ovviamente, è «la rilevante flessione della spesa per consumi delle famiglie. La quota di reddito familiare lordo, espressa in giorni, destinata alle spese diminuisce di circa un mese per entrambe le famiglie considerate: per la coppia con un figlio si passa da 247 giorni nel 2008 a 218 giorni nel 2015 e per la coppia con un due figli da 248 a 226». Trend confermato dai dati Istat della spesa in termini nominali (-6% tra 2008 e 2014, sulla base della nuova serie storica) e dal gettito Iva. «Il numero di giorni spesi per il pagamento di questa imposta si riduce da 26 a 23 per la coppia con un figlio e da 27 a 24 per la coppia con due figli, anche se iniziano a profilarsi dei segnali di ripresa. Nonostante l’aliquota ordinaria sia aumentata due volte (settembre 2011 e ottobre 2013), passando dal 20% al 22%, il gettito Iva tra il 2008 e 2015 è diminuito del 2,2 per cento».

Dinamica opposta per imposte e contributi. Risulta infatti consistente «la crescita della quota del reddito familiare destinata al loro pagamento: per la coppia con un figlio passa dai 102 giorni nel 2008 ai 108 giorni nel 2015, mentre per la coppia con due figli aumenta da 99 a 106 giorni». Effetto probabilmente legato dall’andamento dell’imposizione locale: «Secondo il nostro modello, il totale di quanto versato a titolo di addizionali Irpef, tasse rifiuti e Imu è aumentato del 70,8% per la coppia con un figlio e del 70,9% per la coppia con due figli».

L’effetto combinato di queste tendenze porta all’aumento della quota di reddito non speso (in rapporto al reddito lordo), che sale dal 4,4% al 10,7% per la coppia con un figlio e dal 5,1% al 9,2% per quella con due figli. «Emerge – conclude lo studio – il profilo di una famiglia che ha deciso di “tutelarsi” riducendo in via prudenziale le risorse da destinare alla spesa, verosimilmente privilegiando il ricorso al risparmio». Basti ricordare che «secondo Banca d’Italia i depositi bancari crescono del 18,2% tra settembre 2011 e settembre 2015». E ad assorbire «una quota non trascurabile del reddito familiare» è anche la previdenza integrativa. I dati Covip parlano chiaro: «negli ultimi sette anni il numero degli iscritti è aumentato del 39% e le risorse per le prestazioni complementari del 121%».

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