(di Paolo Ciocca, Servizio Studi Bnl, gruppo Bnp Paribas – Corriere Economia)
In media ogni italiano ha 64 mila euro in attività finanziarie: meno lontani i livelli 2006. Azioni al 20%, ma sono quelle non quotate delle Pmi. Boom di polizze e fondi pensione. Nei portafogli un terzo di liquidità (più di 1.200 miliardi). Il gestito all’11% del totale
Nel 2015, il valore della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è ulteriormente cresciuto, nonostante i dati della Banca d’Italia segnalino una certa difficoltà nell’accantonare nuovo risparmio.
Gli italiani stanno gradualmente recuperando quanto perso nella prima parte della crisi. Nel 2006, il valore delle attività finanziarie aveva superato i 4.000 miliardi di euro. In dieci anni, la ricchezza era più che raddoppiata. Nel 2011, il valore dell’investimento era, però, crollato poco sopra i 3.400 miliardi. In pochi anni, erano stati bruciati oltre 600 miliardi di ricchezza. Superata la fase più acuta della crisi finanziaria, è iniziato un processo di graduale recupero, che ha portato il patrimonio delle famiglie ad avvicinarsi nuovamente ai 3.900 miliardi. A settembre del 2015, ogni italiano aveva teoricamente a propria disposizione poco più di 64.000 euro investiti in attività finanziarie: 6.200 in più del 2011, ma ancora 5.800 in meno del 2006.
I meccanismi
La crescita della ricchezza è in parte spiegata dall’aumento del valore dell’investimento in azioni. Non si tratta tanto di titoli quotati sui mercati, quanto piuttosto di partecipazioni in società non quotate, rappresentative della scelta del piccolo o medio imprenditore di rischiare, investendo nel capitale della propria impresa. Le famiglie destinano, infatti, all’investimento nella borsa italiana meno del 2% del loro portafoglio, mentre il peso delle azioni e partecipazioni non quotate sale oltre il 20%. A settembre 2015, il loro valore ha superato gli 820 miliardi di euro, dai 570 della fine del 2011.
Da un po’ di tempo a questa parte, le famiglie italiane mostrano, però, una diffusa difficoltà nel capire come distribuire questa crescente ricchezza tra le diverse tipologie d’investimento. Il contesto esterno nel quale si trovano ad operare ha, infatti, reso più complessa la ricerca del giusto equilibrio tra sicurezza e rendimento, portando le famiglie a compiere alcune scelte che meritano di essere approfondite.
Gli italiani, ad esempio, continuano a guardare con interesse ai depositi, nonostante i bassi tassi d’interesse. Questo strumento garantisce, infatti, la tranquillità di non perdere il capitale, oltre ad un’elevata liquidità. Negli ultimi quattro anni, quasi 110 miliardi di euro di nuove risorse sono stati accantonati nei depositi, sebbene nei primi nove mesi del 2015 questo processo abbia subito un brusco rallentamento. A settembre dello scorso anno, il valore dei depositi ha superato i 1.240 miliardi, quasi un terzo del totale del portafoglio.
I bassi rendimenti, ai quali recentemente si sono aggiunti i cambiamenti apportati alla normativa europea sulla risoluzione delle crisi aziendali, con il coinvolgimento dei privati nella copertura delle perdite, stanno, invece, spingendo le famiglie italiane ad allontanarsi dall’investimento nelle obbligazioni delle società finanziarie. Nel 2011, gli italiani erano arrivati ad investirvi quasi 380 miliardi di euro, con la quota sul totale salita all’11%, dal 6,6% del 2000. Dal 2012 in poi, sono stati effettuati disinvestimenti netti per oltre 180 miliardi, scendendo intorno ai 200 miliardi, poco più del 5% del totale.
Addio a Bot e Cct
Gli italiani stanno, inoltre, continuando a mostrare una debole attenzione per i titoli pubblici. Dal 2013, sono state registrate vendite nette di Btp per quasi 80 miliardi di euro, portando il valore dei titoli in portafoglio a poco più di 110 miliardi. Oggi, gli italiani destinano ai Btp solo il 3% del totale dei loro investimenti, mentre Bot e Cct sono praticamente scomparsi. Da anni le famiglie si trovano, inoltre, ad affrontare gli effetti della riforma del sistema pensionistico, che ha reso necessario lo sviluppo di un comparto privato che integri quello pubblico. L’investimento nelle riserve tecniche di assicurazione, che comprendono oltre al ramo vita i fondi pensione, è, quindi, aumentato, avvicinandosi a settembre a 850 miliardi di euro ed assorbendo oltre un quinto del totale del patrimonio.
E ancora: negli ultimi quattro anni, quasi 140 miliardi di euro di nuove risorse sono stati investiti nei fondi comuni. Il valore complessivo si è avvicinato a 420 miliardi, con una quota sul totale prossima all’11%, dal 7% del 2011. La quota dei fondi esteri è cresciuta, assorbendo il 60% delle nuove risorse investite in questo strumento e circa il 5% del patrimonio finanziario complessivo delle famiglie.