(di Michela Allegri – Il Messaggero)
Simulavano tamponamenti allegando certificati medici ai ricorsi per intascare risarcimenti a tre zeri ingannando le assicurazioni. Gli imputati, a partire dal 2009, avrebbero inscenato decine di sinistri per ottenere indennizzi non dovuti dalla Unipol
Autocarri che, con manovre azzardate, travolgono cancelli e si schiantano contro i muri di case e capannoni industriali. Sinistri multipli, tra furgoni, automobili e moto. Tamponamenti e certificati medici allegati ai ricorsi presentati al Giudice di Pace. Il tutto rigorosamente inventato per intascare risarcimenti a tre zeri, ingannando le assicurazioni. La pm Maria Sabina Calabretta indaga per associazione a delinquere finalizzata al falso e alla truffa e ha recentemente firmato una richiesta di rinvio a giudizio a carico di 16 persone.
Gli imputati, a partire dal 2009, avrebbero simulato decine di incidenti per ottenere indennizzi non dovuti dalla Unipol Spa, parte lesa della vicenda. A rischio processo, c’è anche un avvocato, M. C.. Per la Procura, come si legge nel capo d’imputazione, avrebbe messo «a disposizione le proprie conoscenze professionali per predisporre richieste di risarcimento danni alle compagnie assicurative e ricorsi al Giudice di Pace». A capo della banda dei finti sinistri, c’era un imprenditore, F. C., finito in manette lo scorso anno insieme a quattro componenti del gruppo. Per l’accusa era il «promotore dell’associazione». Avrebbe «ideato il disegno dei reati, organizzando la simulazione degli scontri». Avrebbe anche prodotto la documentazione artefatta e coordinato i rapporti tra i singoli associati. P. B., invece, si sarebbe occupato di «reclutare nuovi partecipi». Per gli inquirenti, S. C. e F. R. avrebbero gestito i rapporti «con i sedicenti danneggiati e l’impresa assicurativa, promuovendo le richieste risarcitorie e curandone la definizione». Altre nove persone, infine, avrebbero denunciato i sinistri e chiesto gli indennizzi.
LA TRUFFA – La gang avrebbe inscenato una sfilza d’incidenti, allegando alle richieste di risarcimento documentazione “taroccata”, a partire da moduli di contestazione amichevole artefatti, fino ad arrivare a certificati medici e fatture di carrozzerie corredate di firme fasulle. In questo modo gli imputati sarebbero riusciti a ingannare i liquidatori, intascando indennizzi per quasi 300mila euro.
Il 27 luglio 2012, per esempio, un socio di C. aveva denunciato un incidente avvenuto mentre era al volante di un autocarro. Aveva dichiarato che, in via Tiburtina, era andato a sbattere contro la parete di un capannone industriale di proprietà di una sodale. Il sinistro in realtà non era mai avvenuto, ma l’assicurazione, truffata, aveva pagato 19mila e 500 euro. Lo stesso copione era stato seguito anche poco tempo prima. In questo caso, un tir guidato da un prestanome della gang si era apparentemente schiantato contro il muro di cinta di un immobile di proprietà di un componente della banda, a Guidonia, fruttando al sodalizio 8.500 euro. Il 6 aprile 2012, invece, un altro autocarro sembrava aver danneggiato una lastra di cemento precompresso del muro perimetrale di un magazzino, durante un’azzardata manovra di retromarcia. Si trattava dell’ennesimo danno falso, che ha permesso a C. e ai suoi soci di riscuotere 13mila e 200 euro in un colpo solo. In tutto, il “boss” è accusato di aver formato almeno 22 fatture artefatte, per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio.