Secondo la classifica 2016 (per valore economico e solidità marketing) stilata dalla società leader di consulenza e valutazione degli asset intangibili, i marchi italiani perdono terreno a causa di quelli cinesi. I 50 principali marchi registrati italiani aumentano il valore economico in euro del 4% ma, a causa del cambio, perdono il 6% del valore espresso in dollari statunitensi (i 500 principali marchi mondiali crescono invece del 7%). Generali e Unicredit sono i brand che riducono maggiormente il valore del marchio, ma il Leone di Trieste mantiene il primato con un valore di oltre 9,2 miliardi di Euro. Eni e Enel sono i marchi italiani Winners 2016, perché aumentano più degli altri il proprio valore. Nonostante un leggero indebolimento, Ferrari – con un Brand Rating AAA – si conferma uno dei più solidi del mondo e primo nel nostro Paese
Brand Finance – società leader di consulenza e valutazione degli asset intangibili – ha analizzato anche quest’anno centinaia di marchi italiani per stilare la Brand Finance Italy 50 2016, la classifica dei principali marchi italiani registrati ordinati per valore economico e per solidità marketing. Nonostante il ridimensionamento registrato (da 10,7 a 9,23 miliardi di Euro per valore – anche a causa degli sfavorevoli effetti valutari – e da AA- ad A per il rating), Generali si conferma al primo posto della graduatoria per quanto riguarda il nostro Paese, seguita da Eni, Enel, Telecom Italia Group e da Intesa Sanpaolo Group (nuovo ingresso).
Per quanto riguarda il quadro globale rispetto alla graduatoria 2015, nella rilevazione di quest’anno i marchi italiani sono in sofferenza, così come quelli spagnoli, tedeschi e degli altri paesi europei. Registrano invece una crescita i marchi americani, giapponesi e soprattutto quelli cinesi. Nella classifica Brand Finance Global 500, la classifica dei principali marchi mondiali, dominata dagli americani con una quota del 46%, le società cinesi balzano infatti al secondo posto con una quota del 10% e grazie ad una crescita del 28%.
Il cambio sfavorevole, spiegano da Brand Finance, ha sicuramente penalizzato i marchi italiani, “ma il problema è che i concorrenti globali hanno cominciato a giocare molto duro”. I marchi cinesi, ad esempio, che fino a poco tempo fa sostanzialmente non esistevano, adesso mettono in difficoltà quelli del vecchio continente.
Nonostante le negatività ci sono diversi marchi che crescono bene sia in solidità sia in valore. Prima di tutto emergono Eni e Enel “che anche nei rispettivi settori stanno avendo degli ottimi risultati”. In termini di valore economico, anche Luxottica, Ferragamo e Ferrero, sono cresciuti bene. Stanno inoltre lavorando molto bene, in termini di solidità del marchio, Lavazza, Edison, Benetton e Maserati; quest’ultimo marchio, ad esempio, ha raggiunto un rating AAA-, avvicinandosi a Ferrari (rating AAA, primo nel nostro paese e tra i più solidi al mondo). Come dimostrato da una recente ricerca di Brand Finance, un rating AAA e/o un rapporto tra valore del marchio e valore d’impresa superiore al 30% “aumentano notevolmente le probabilità che l’azienda abbia delle buone performance nell’indice S&P500”.
“Per migliorare le performance dei nostri brand è necessario, prima di tutto, entrare realmente nell’ottica che il marchio è un asset fondamentale dell’impresa. Ad esempio, in questa fase di numerosi M&A, quanto la compatibilità tra marchi viene considerata? Pochissimo – ha commentato Massimo Pizzo, managing director Italy di Brand Finance –. Perché si possa fare un salto di qualità è necessario migliorare la comunicazione tra chi si occupa di marketing e chi gestisce l’azienda (CEO e CFO): il marketing utilizza linguaggi e metriche, come ad esempio il livello di notorietà e la reputazione, che concretamente non sono comprensibili dal top management che diversamente si focalizza sui valori economici”.
Nonostante questi limiti, rileva ancora Brand Finance, la consapevolezza dell’importanza del marchio è in crescita su tutti i fronti. Se ne è accorto “anche il governo che ha messo in piedi un Patent Box fuori dai canoni OCSE, proprio per supportare lo sviluppo del brand”.
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