Devono essere i giudici amministrativi (Tar e Consiglio di Stato) e non i tribunali civili a decidere sulla regolarità dei Durc presentati dalle imprese nelle gare d’appalto. Lo ha chiarito definitivamente il Consiglio di Stato (nella foto, Palazzo Spada a Roma) con la sentenza n.10/2016 depositata il 25 maggio dall’Adunanza plenaria, dunque destinata a fare giurisprudenza, risolvendo una volta per tutte un conflitto tra diversi orientamenti.
Con la stessa pronuncia il Consiglio di Stato è anche tornato sulla possibilità che prima di essere esclusa dalla gara per Durc irregolare l’impresa debba essere chiamata a sanare le lacune da parte della stazione appaltante, in ossequio al principio sancito con il decreto Fare (n. 69/2013).
Sulle irregolarità contributive, l’Adunanza plenaria ha ribadito il principio – già sancito con la sentenza n.6 di febbraio 2016 – ricordando che anche dopo l’entrata in vigore del decreto Fare l’invito a regolarizzare la posizione entro 15 giorni «può operare solo nei rapporti tra impresa ed ente previdenziale, ossia con riferimento al Durc chiesto dall’impresa e non anche al Durc richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai fini della partecipazione all’appalto».
Più innovativo il principio relativo alla giurisdizione sul Durc che ha prodotto diverse sentenze discordanti. In questo caso l’Adunanza plenaria ha sgombrato il campo chiarendo che quando la questione della regolarità del certificato contributivo emerge nel corso di una procedura d’appalto a decidere devono essere i giudici amministrativi. «Nelle controversie in materia di contratti pubblici – argomentano i giudici – il Durc viene in rilievo non in via principale, ma in qualità di presupposto di legittimità di un provvedimento amministrativo adottato dalla stazione appaltante».
Si tratta insomma di verificare il possesso di un requisiti dichiarato da un concorrente. Per cui «il diritto di difesa verrebbe, in effetti, leso se si costringesse il privato a contestare, dinanzi al giudice ordinario, la regolarità del Durc e, successivamente, dopo aver ottenuto l’accertamento dell’errore compiuto dall’ente previdenziale, la illegittimità delle determinazioni della stazione appaltante dinanzi al giudice amministrativo». «Un iter processuale di tal genere – si legge ancora nella sentenza – risulterebbe eccessivamente gravoso per il privato e incompatibile con la celerità che il legislatore ha imposto per il rito degli appalti».