(di Morya Longo – Il Sole 24 Ore)
Necessaria per sostenere l’economia, la politica monetaria della Bce pesa su banche e assicurazioni: Brexit è solo l’aggravante. Gli istituti bancari dal 2007 hanno quasi dimezzato i ricavi legati all’erogazione di finanziamenti. Il settore assicurativo soffre il disallineamento tra le attività (poco redditizie) e le passività (troppo onerose)
Brexit è solo un acceleratore della crisi. È solo l’ultima goccia che rischia di far traboccare il vaso. Ma per le banche e per le assicurazioni europee il problema vero è un altro: i tassi a zero. La politica monetaria della Banca centrale europea, che ha portato i tassi d’interesse a zero facendo sprofondare quelli di mercato anche in negativo, è una medicina necessaria per far ripartire l’economia. Ma anche un cappio al collo per banche e assicurazioni: cioè per quei soggetti che sui tassi d’interesse vivono e basano il business fondamentale. Tassi a zero significano infatti minori ricavi e, dunque, squilibri tali di bilancio da mettere potenzialmente a repentaglio la loro stabilità. Brexit, in questo contesto già fragile, è solo l’aggravante. La “ciliegina” (amara) su una torta che ormai non c’è più. Ma le motivazioni del malessere vengono da lontano.
La medicina amara
Le banche soffrono per i tassi a zero perché la loro attività caratteristica consiste nell’intermediare denaro: loro prendono in prestito soldi a un certo tasso e li prestano alle imprese a un tasso più elevato. È così che producono i ricavi: sulla differenza tra i due tassi. Ebbene: se la Bce li porta a zero, il margine di guadagno si assottiglia. Sono i numeri, elaborati dalla banca dati di Capital IQ, a dimostrarlo: le prime 20 banche europee nel 2007 realizzarono ricavi per 709 miliardi di euro erogando credito, mentre nel 2015 la stessa identica attività ha fruttato solo 433 miliardi. Questo per colpa della politica monetaria della Bce, utile per l’economia ma troppo amara per le banche. Soprattutto per quelle piccole e più concentrate sul territorio.
Problema simile per le assicurazioni. In questo caso il problema è il disallineamento tra le attività (ormai sempre meno redditizie a causa dei tassi a zero) e le passività (troppo onerose). Molte assicurazioni (soprattutto in Germania) hanno venduto polizze a rendimento garantito: si trovano dunque oggi costrette a pagare rendimenti elevati che loro, sul mercato, non trovano più. Fin tanto che restano in “vita” i titoli di Stato vecchi, che avevano elevate cedole, i problemi sono gestibili. Ma presto o tardi diventeranno sempre più seri. Anche per le assicurazioni, dunque, i tassi bassi mettono a repentaglio la redditività. Questo, come nel caso delle banche, va ad esasperare le altre problematiche: per esempio, nel settore bancario, i crediti in sofferenza.
L’effetto Brexit
Il referendum britannico, come si diceva, rischia di essere un’aggravante. Per vari motivi. Il primo è finanziario. Brexit ha infatti creato un violento terremoto borsistico soprattutto nel settore bancario. Tutte le istituzioni creditizie europee sono tracollate in Borsa, ma la speculazione ribassista ha colpito in maniera particolarmente dura quelle italiane. Questo è un problema, perché molte banche – proprio per far fronte ai problemi strutturali di cui si parlava sopra – dovranno effettuare nei prossimi mesi corposi aumenti di capitale: se però la Borsa è volatile (anzi, isterica) è difficile vararli. Dunque l’instabilità di Borsa, causata da Brexit, potrebbe rendere in salita quel rafforzamento patrimoniale che in molti casi è necessario. In Italia, per esempio, gli analisti calcolano che UniCredit abbia bisogno di 5-7 miliardi di euro di mezzi freschi e che a Carige servano qualcosa come 500 milioni. Ma potrebbe aver bisogno di capitale anche Montepaschi. Ebbene: in una situazione di eccessiva turbolenza borsistica, esasperata anche dalla mancanza di un sostegno politico vero, questi rafforzamenti potrebbero rendersi più difficili. E se le banche non riusciranno a realizzarli, potrebbero ridurre il credito all’economia: le conseguenze, dunque, si estenderebbero a imprese e famiglie. Tutto per colpa di un referendum Oltremanica.
Il secondo modo in cui Brexit potrebbe peggiorare la situazione per le banche e per le assicurazioni europee è legato alla politica monetaria. Proprio per rispondere alle turbolenze e per reagire al possibile rallentamento economico causato da Brexit (le stime degli economisti sono molto varie a riguardo), le banche centrali potrebbero rendere ancora più espansive le loro politiche. La Banca d’Inghilterra ha già fatto capire che probabilmente taglierà i tassi d’interesse molto presto. La Bce è alla finestra, ma potrebbe anch’essa intervenire in qualche modo. Mentre la Federal Reserve americana non dovrebbe più, secondo quanto si aspetta il mercato, alzare i tassi Usa. Neppure nel 2017. Insomma: Brexit rischia di prolungare ulteriormente, o di rendere ancora più aggressiva, la politica dei tassi a zero. Aggravando i problemi delle banche e delle assicurazioni.
La situazione è molto fluida, e potrebbe cambiare repentinamente a seconda delle decisioni che il mondo politico prenderà. Per ora ancora non si vedono reazioni significative. I risparmiatori e i clienti delle assicurazioni devono dunque stare alla finestra: nelle prossime pagine alcuni consigli pratici e una bussola per orientarsi in questo mondo mutevole. E sempre più complesso.