(di Pieremilio Gadda – Corriere Economia)
L’università può costare anche 90 mila euro: dai piani rateali in Borsa alle assicurazioni, fino ai portafogli ad hoc. Ecco le opzioni e i conti da fare
Da oggi si torna sui banchi di scuola. Consapevoli — per genitori e nonni — che uno degli antidoti all’incertezza è investire in una buona istruzione per figli e nipoti. Ma quanti soldi è necessario accantonare? E come? La sfida dei rendimenti zero è ardua e richiede una strategia accorta. Dai piani di accumulo ai fondi pensione, passando per le polizze o il portafoglio giusto, le possibilità per chi desidera pensare adesso al futuro, proprio mentre suona la campanella delle scuole elementari, o meglio già alla nascita del figlio o del nipote, non mancano.
I conti
Soprattutto in momenti di crisi — dice l’ultimo rapporto di AlmaLaurea — completare gli studi universitari facilita l’ingresso nel mondo del lavoro e dà accesso a redditi mediamente più alti.
Insomma, studiare «rende». Anche al netto dei costi, spesso molto elevati, necessari per conseguire una laurea: a seconda dell’ateneo, della città e delle esigenze individuali, l’esborso per l’intero corso di studi, comprensivo di tasse, materiale didattico, vitto, trasporti ed eventuale canone di locazione, può sfiorare i 90 mila euro nel caso dell’Università Bocconi di Milano.
Secondo una stima di Consultique, che ha realizzato un apposito strumento di simulazione, uno studente fuori sede arriva a spendere quasi 50 mila euro anche se opta per un ateneo pubblico, come l’Università di Bologna o la Sapienza di Roma. La cifra scende sotto i 30 mila euro solo per chi vive con mamma e papà. Lo sforzo economico richiesto alle famiglie, dunque, può essere insostenibile. A meno che non venga pianificato per tempo. E si comincino ad accantonare risorse destinate alla formazione universitaria quando i figli sono ancora piccoli.
L’esempio
Se al terzo compleanno del figlio, i genitori iniziano a mettere da parte 220 euro al mese da destinare alle spese per l’universita, al momento dell’immatricolazione, dopo 180 versamenti, avranno accumulato un capitale di 50 mila euro. L’assunto è che le somme investite rendano in media il 3% l’anno. Un’ipotesi verosimile? Di certo, le attuali condizioni di mercato, con tassi vicini allo zero o negativi su molte emissioni govemative, complicano il quadro. Basti pensare che il Btp a 10 anni oggi rende poco più dell’1% e i buoni fruttiferi postali dedicati ai minori offrono un mini-tasso iniziale dello 0,25% che sale allo 0,5% alla fine del 18 anno di vita dello strumento.
Secondo gli esperti, la ricerca di un extra-rendimento e l’orizzonte di lungo termine giustificano, a maggior ragione, un investimento sui mercati finanziari, purché sia ben calibrato. «Una performance annua del 3% per un portafoglio bilanciato è un’ipotesi ragionevole se si guarda alla storia dei mercati nell’ultimo secolo e oltre», ricorda Raffaele Zenti, co-fondatore e responsabile del team di strategie finanziarie del roboadvisor AdviseOnly. In un’indagine realizzata per Credit Suisse, infatti, tre economisti della London Business School — Elroy Dimson, Paul Marsh e Mike Staunton — calcolano che il rendimento reale annualizzato ottenuto dalle azioni globali e dai bond tra il 1900 e il 2015 sia rispettivamente del 5% e dell’1,8%. Un paniere bilanciato, metà azionario e metà obbligazionario, avrebbe reso poco più del 3%, al netto dell’inflazione.
Il presente
Partendo da queste ipotesi, anche un esborso di 90 mila euro come quello stimato per frequentare cinque anni di corso alla Bocconi da fuori sede diventa abbordabile, a condizione che s’investano 311 euro al mese per 17 anni: qui il versamento iniziale dovrebbe scattare addirittura con lo spegnimento della prima candelina.
In questa prospettiva, si può dire che una buona laurea non è un sogno impossibile. Investire per il futuro dei figli richiede però disciplina: per accumulare un capitale importante, è necessario avviare il prima possibile il programma di risparmio dedicato. E, a prescindere dallo strumento scelto, un piano di accumulo rappresenta forse la soluzione ideale perché interpreta un approccio rigoroso (i versamenti sono automatici) e riduce l’esposizione alla volatilità dei listini, dilazionando l’ingresso sui mercati. Del resto, per molte famiglie, non ci sarebbero alternative a un investimento a piccoli passi. Un altro aspetto da non tralasciare, è quello dei costi. «Su un orizzonte di 10/20 anni, un punto percentuale l’anno in termini di maggiore o minore rendimento, dovuto alle commissioni, ha un impatto spropositato», avverte Giovanni Daprà, cofondatore e amministratore delegato di MoneyFarm.