Opinione della Settimana

Calamità naturali, un piano industriale contro i rischi

Risk Management - Gestione - Rischi Imc

(di Andrea Poggi – Corriere della Sera)

Questione di cultura: In Italia solo l’1,2% delle abitazioni private sono assicurate contro le catastrofi

Caro direttore, molto si è scritto in merito alle carenze strutturali del nostro Paese in termini di prevenzione dei rischi conseguenti a terremoti. Quello che emerge è che molto deve essere fatto, sapendo però che le catastrofi naturali (sismiche, idrogeologiche e vulcaniche) saranno sempre parte del territorio italiano. E su questo nulla si può fare. E allora? Per semplicità proviamo a leggere il fenomeno ricorrendo all’equazione, semplificata, con cui può essere descritta una qualsiasi forma di rischio: R=PxI, e cioè il Rischio (R) è uguale al prodotto dei fattori Probabilità (P) e Impatto atteso (I). Un terremoto ogni 3 anni superiore a magnitudo 5.5 per la sola catena appenninica, unitamente alla regolarità con cui ogni anno registriamo danni e perdite umane per esondazioni e frane, ci dicono che la P dell’equazione è un dato rilevante e non modificabile.

Diversa è invece la natura della variabile Impatto atteso. È vero, come risulta da alcune analisi Deloitte (l’autore dell’articolo è Senior Partner e responsabile della Service Line Strategy di Deloitte in Italia – ndIMC), che le catastrofi naturali rappresentano un fenomeno ad alto impatto, che ha danneggiato 4 miliardi di persone nel mondo negli ultimi 20 anni, e che il nostro Paese presenta una serie di peculiarità che lo rendono più esposto. Basti pensare che il 70% delle abitazioni si trova in aree ad alto/medio rischio sismico e la metà dei comuni è ad elevato rischio idrogeologico, con un impatto economico medio annuo (solo su abitazioni civili) di 3 miliardi di euro. Inoltre, in Italia abbiamo un sistema di prevenzione e controllo inefficiente, a cui si associano interventi di ricostruzione lunghi a carico sia della fiscalità generale sia delle famiglie danneggiate. Questo anche perché solo l’1,2% delle abitazioni private sono assicurate contro le catastrofi, evidenziando una nostra limitata cultura del rischio.

Nonostante ciò, è vero anche che l’Impatto atteso può essere mitigato e persino controllato attraverso interventi di prevenzione strutturale. Esso dipende dalle azioni che intraprenderemo e che dovranno essere molteplici per poter incidere su un fenomeno così complesso. Innanzitutto, vanno introdotte strutturate normative di prevenzione utili per definire modelli di valutazione del rischio, criteri di costruzione e interventi di messa in sicurezza degli immobili, accompagnandole con una pianificazione logistica adeguata e rigorosa. E su ciò «Casa Italia» può dare un grande contributo.

Inoltre è opportuno incentivare le iniziative di prevenzione privata, attraverso le agevolazioni fiscali per la sottoscrizione di polizze assicurative, lo sblocco dei bonus per le ristrutturazioni antisismiche, la valorizzazione della qualità di costruzione degli edifici al pari della certificazione energetica. Ad esempio, sulla base di quanto fatto negli Stati Uniti sui rischi alluvionali e in Giappone per i rischi sismici, in Italia si potrebbe introdurre una assicurazione sugli immobili contro i rischi catastrofali scontata e che gode di agevolazione fiscale solo in caso di lavori di prevenzione, a loro volta agevolati fiscalmente, se certificati.

Si possono attivare nuove forme di reperimento ex-ante delle risorse finanziarie necessarie all’emergenza e alla ricostruzione ex-post, ad esempio attraverso schemi assicurativi in cui l’esposizione finanziaria al rischio è ripartita tra le assicurazioni private e società di riassicurazione pubblica che, a loro volta, godono di garanzia statale illimitata. Interessante è anche l’attivazione di particolari forme obbligazionarie legate al verificarsi di eventi catastrofali, quali ad esempio i Cat Bond. Infine, si dovrebbe istituire un organismo pubblico di controllo e coordinamento sia ex ante sulle norme attuative di prevenzione sia ex post sulle emergenze e i risarcimenti.

Tutto ciò significa attivare un «piano industriale per le catastrofi naturali» capace sia di incentivare senza riduzioni di gettito la prevenzione, mitigando il rischio, sia di dare certezza alla ricostruzione, riducendo la spesa a carico dello Stato e dei danneggiati. La sua elaborazione deve però riguardare non solo lo Stato, ma anche il settore privato (in primis l’industria assicurativa, finanziaria ed edile), le associazioni, gli ordini professionali, i centri di ricerca, i cittadini e i media, chiamati quest’ultimi a stimolare il necessario cambio culturale in tema di prevenzione e a tenere alta l’attenzione su quanto fatto. Questo Piano deve però in primo luogo avere una forte matrice europea, non solo per le indiscutibili flessibilità di bilancio, ma anche per lo sharing di risorse e know how su un problema che riguarda tutti e i cui effetti sono transnazionali, riconoscendo un ruolo propulsivo alla Comunità Europea post Brexit, sotto l’impulso dell’Italia.

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